M5S fa festa nonostante la débacle in Umbria: tutti alla laurea della Taverna

M5S fa festa nonostante la débacle in Umbria: tutti alla laurea della Taverna
La festa nella sera della sconfitta. Paola Taverna celebra il suo 108 in Scienze politiche con l’amaro in bocca dei primi exit poll provenienti dall’Umbria, che le...

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La festa nella sera della sconfitta. Paola Taverna celebra il suo 108 in Scienze politiche con l’amaro in bocca dei primi exit poll provenienti dall’Umbria, che le rovinano anche i regali di parenti, amici e colleghi del Movimento. A partire dalla borsa di Prada ricevuta prima della cena organizzata in un locale del centro storico di Roma, a pochi metri dal Colle Oppio. Un luogo caro ai pentastellati, anche se sembrano lontani i tempi della festa organizzata da Virginia Raggi con Davide Casaleggio per il Global forum sulla democrazia diretta, a settembre del 2018.


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GLI INVITATI
Tra i primi ad arrivare Luigi Di Maio, con poca voglia di parlare, visti i freddi spifferi in arrivo da Perugia. Tanto che il ministro degli Esteri, accompagnato dalla fidanzata Virginia Saba, lascia la cena 10 minuti prima della fatidica scadenza delle 23, ora delle prime proiezioni, senza dire una parola. Ci sono tutti gli esponenti romani M5S, tranne la sindaca. Sono qui per la festa, ma escono e scuotono la testa: «Eravamo preparati».

C’è il presidente della commissione Ecomafie Stefano Vignaroli. C’è il capogruppo a Palazzo Madama Gianluca Perilli, che esce insieme al senatore Pierpaolo Sileri. «Parliamo domani», dice. Tutti faranno commenti dello stesso tono. Da Nicola Morra ad Andrea Cioffi, da Wilma Moronese al nutrito gruppo di attivisti e amministratori del Municipio delle Torri a cui è legata Paola Taverna, che rimane a festeggiare oltre la mezzanotte insieme a Emanuele Dessì, Francesco Silvestri e altri amici tra cui il notaio Valerio Tacchini, quello che certifica i risultati della piattaforma Rousseau.

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Ci sono le due minisindache capitoline più contente dell’alleanza giallorossa: Monica Lozzi e Giuliana Di Pillo. La vicepresidente del Senato da subito aveva capito che l’abbraccio con il partitone rosso avrebbe potuto solo indebolire il Movimento, ribattezzato la «sua ditta». Perché lei, a differenza di tanti altri è e rimane una “aziendalista”: anche se si perde rimane al fianco del leader. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero