Il Pd e il taglio dei parlamentari Ceccanti: mai stati contro ma ora c’è nuovo contesto

Il Pd e il taglio dei parlamentari Ceccanti: mai stati contro ma ora c’è nuovo contesto
ROMA «Noi non abbiamo mai avuto una contrarietà di principio alla riduzione del numero dei parlamentari ed è difficile per qualsiasi forza politica dire di...

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ROMA «Noi non abbiamo mai avuto una contrarietà di principio alla riduzione del numero dei parlamentari ed è difficile per qualsiasi forza politica dire di avere una contrarietà di principio perché, chiunque si sia cimentato con le riforme costituzionali dal 1983 in poi ha sempre proposto la riduzione dei parlamentari». Lo ha detto in Aula Stefano Ceccanti, capogruppo Pd in Commissione Affari Costituzionali. La contrarietà del Pd nei precedenti passaggi, ha proseguito, era dovuta «all'assenza di un contesto, perché i testi hanno senso dentro un contesto: non si possono leggere da soli. Ora noi abbiamo costruito un contesto a partire dalla formazione del nuovo Governo. Tale contesto riguarda tre interventi per i quali la maggioranza, in apertura con le opposizioni, si è messa d'accordo», e cioè l'omogeneizzazione dell'elettorato di Camera e Senato, «l'eliminazione della base regionale del Senato che consente due leggi ancora più simili, perché finché hanno tutte e due la fiducia più sono vicine e meglio è», e infine «il mantenimento dell'equilibrio voluto dai costituenti, nell'elezione del Presidente della Repubblica, fra i delegati regionali e i parlamentari». A questi «tre impegni immediati che la maggioranza prende», ce ne saranno «altri tre che prende da studiare insieme nei prossimi mesi»: la legge elettorale, la partecipazione dei Governatori alle sedute del Senato in cui si vota per l'Autonomia differenziata e «la sfiducia costruttiva a Camere riunite e la fiducia iniziale». Infine c'è la volontà, ha detto ancora Ceccanti, di «scardinare l'idea che si debba essere costretti, ogni volta, a fare decreti e questioni di fiducia». Di qui l'impegno sui regolamenti parlamentari, che «dovrebbe consentire, non solo di adeguare i numeri, ma anche di avere date certe per i provvedimenti del Governo e una limitazione della questione di fiducia».
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Il Messaggero