«Tutto cominciò il 16 maggio del 2016 con una lettera dell'allora ministro Enrico Costa in risposta al governatore del Veneto Luca Zaia, che chiedeva di fare il...
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Per questo i presidenti delle Camere si stanno incontrando da giorni con i tecnici dei due rami del Parlamento per trovare la quadra, ma una cosa «dovrebbe essere certa», incalza il senatore dem, «e cioè che trattandosi di intese i parlamentari possono dire la loro su modi, tempi e procedure, ma non sul contenuto di tali intese».
In realtà la questione non è così pacifica, almeno ad ascoltare gli esperti di diritto costituzionale messi in campo da partiti e istituzioni. Il procedimento da seguire, si spiega, è ancora in fase di definizione, ma si starebbe pensando di far trasmettere alle Camere la bozza delle intese prima che vengano sottoscritte. E a quel punto le ipotesi sono due. In base alla prima, le intese vengono assegnate a tutte le commissioni per le parti di competenza, poi toccherebbe alla commissione Affari costituzionali redigere una relazione da presentare in Aula. Qui, dopo la discussione generale, si presentano e si votano risoluzioni che contengano eventuali ritocchi alla «bozza».
Il secondo percorso possibile prevede che il governo trasmetta la bozza e si presentino mozioni in Aula per impegnare il governo ad apportarvi modifiche. Il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera Giuseppe Brescia sarebbe più propenso a seguire il primo dei due percorsi. In ogni caso, tutto dovrà essere costruito in pieno accordo con il Senato. E dovrebbero essere messe a punto mozioni identiche di maggioranza in entrambi i rami del Parlamento.
Quanto all'emendabilità o meno del documento di intesa, questa viene comunque esclusa nel caso in cui ci sia già stata una firma definitiva da parte dei contraenti. Ed è per questo che se si vuole «portare davvero a casa il risultato», assicura uno dei tecnici, il testo deve essere portato all'esame del Parlamento prima della firma: e cioè quando è ancora in fase di bozza. Qui i parlamentari potranno dire la loro, sicuramente su modi e procedure. E, solo per alcuni, sui contenuti. Dopodiché il testo potrà essere firmato. E a quel punto diventare operativo.
«In realtà - insiste Bressa - sulle intese con le confessioni religiose» (stesso paragone che fa il ministro per le Regioni Erika Stefani) il Parlamento non può entrare nel merito dell'accordo.
Il Messaggero