«La cravatta, Beppe non ha la cravatta». Dentro il Tempio di Adriano, al convegno organizzato dal ministro per l'innovazione Paola Pisano, c'è il...
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Grillo a Roma allontana i cronisti: «Avete un alito terribile, siete poco puliti»
L'elevato dunque è di nuovo a Roma (ma oggi ripartirà) per prendersi sulle spalle il Movimento e «Luigi». «Un ragazzo che ha fatto tanto e che, è vero, avrà fatto anche degli errori, magari per paura, ma stategli vicino». E la scena sembra quella dell'Eneide, ma al contrario: Beppe-Anchise si prende sulle spalle Luigi-Enea. In mezzo c'è la tenuta del governo. «Con Beppe c'è sintonia totale», dirà Giuseppe Conte del fondatore del Movimento. E lui, parlando ai senatori, li sprona ad «andare avanti con il Pd: basta pensare a com'era il Partito democratico, non dobbiamo avere paura di stringere mani». D'altronde, questo Grillo che alla fine del 2019 scende nella Capitale per gli auguri plaude alle sardine («Vogliono pulire la società: non è sbagliato») e, addirittura, nel segreto dell'aula della commissione difesa al piano terra del Senato, bacchetta la comunicazione: «Basta toni duri, basta con il tintinnar di manette». E questa è una svolta sostanziale, almeno a parole.
I TIMORI
Eppure, Palazzo Madama è la stazione degli addii che potrebbero continuare. Sui tre fuoriusciti dal Movimento in direzione Lega, Grillo usa il registro della comprensione: «Si sentivano soli, andavano ascoltati». Nessuna battuta caustica. Gira che ti rigira gli interventi più duri dei dissidenti ruotano intorno al grande assente. Il senatore Emanuele Dessì rinfaccia a Di Maio di non aver trovato il tempo finora di prendersi un caffè con Zingaretti, al di là di una cena, «ma come si fa?». Ecco perché Grillo parla ai senatori affinché il capo politico intenda: «Apriamoci: non bisogna aver paura del Pd». Una linea che sembra cozzare con quella della tensione messa in atto dal ministro degli Esteri, tensione che riguarda il Nazareno, ma anche il premier Conte. Tuttavia la linea che traccia Grillo va in un'altra direzione: basta essere settari e «pensare a come eravamo». Casaleggio parla poco, interviene due volte, ma viene messo nel mirino perché «non vogliamo essere eterodiretti da una società milanese», è il senso dell'affondo del senatore Mattia Crucioli, altro dissidente, altro passaggio storico. «Ma non è così: Davide che interesse avrebbe?», è la difesa del Garante. «Magari - sottolinea Paola Taverna - i quesiti su Rousseau la prossima volta scriviamoli meglio, eh». Il clima non è pessimo. Perché, come racconta uno parlamentare, «tutti ci fidiamo di Beppe». Prima di andarsene ai senatori che non riescono mai a parlare con «Luigi» fa un gesto emblematico: «Ecco il mio numero, chiamatemi quando volete».
La riunione scivola via tranquilla, anche se adesso c'è il problema di Gianluigi Paragone che non ha votato la fiducia alla manovra e dunque, da regolamento, va espulso. «Apriremo la procedura ai probiviri», annuncia il ministro Stefano Patuanelli. «Ma io rispetto il programma elettorale e ho una storia», si difende il giornalista.
La seconda tappa del tour è alla Camera e c'è anche Di Maio, che ha appena sbrigato le faccende istituzionali. «Non c'è una persona come lui, in grado di fare le cose che fa lui. Di stare in Libia e di venire qui a vedere se dico caz...». Ecco, perché scherzi a parte, davanti ai deputati, agitati per la vicenda dei facilitatori, dice che «bisogna sostenerlo». Un balsamo per le ferite del giovane capo politico che ormai, sempre di più, teme le visioni e le stoccate del comico-leader. «Non ci saranno altre defezioni» dichiara Grillo al termine dell'assemblea a Montecitorio, anche ieri in versione salvatore del governo, del Movimento e di «Luigi». D'altronde tutto si regge. «Ma io, ragazzi, inizio a essere stanco: ho un'età». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero