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Banca d'Italia certo. E poi Ragioneria generale dello Stato e Commissione Ue. Daniele Franco, nuovo ministro dell'Economia, non è solo un super-tecnico dei conti pubblici che gode della piena fiducia di Mario Draghi: da profondo conoscitore della macchina statale (e anche delle istituzioni europee) potrà iniziare a lavorare a pieno ritmo senza bisogno di periodi di ambientamento. La missione più importante, nell'immediato ed anche in prospettiva, è la revisione in stretto coordinamento con Palazzo Chigi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che deve essere inviato a Bruxelles al più tardi entro aprile.
Ma a Franco, per attitudine e formazione, risulterà congeniale pure l'altra priorità a cui il governo dovrà ispirare la propria politica economica: ovvero la definizione, inevitabilmente in corsa, del giusto equilibrio tra la necessità di spendere bene per rianimare il sistema produttivo e quella di riportare in discesa in tempi ragionevoli il rapporto debito/Pil.
Chi è Daniele Franco, nuovo ministro dell'Economia
Sessantasette anni, nativo di Trichiana (Belluno), è da poco più di un anno direttore generale della Banca d'Italia. A Via Nazionale era tornato a metà 2019, dopo sei anni da Ragioniere generale dello Stato. E alla banca centrale aveva iniziato la sua carriera professionale dopo la laurea a Padova e la specializzazione in Economia in Gran Bretagna. Destinato da subito all'Ufficio studi, si è occupato di finanza pubblica arrivando a guidare la relativa direzione, dopo tre anni passati alla Direzione Affari economici della commissione europea il 1994 e il 1997.
Divenuto poi capo del servizio studi di struttura economica fino al 2011, in quel cruciale anno ha assunto la carica di direttore centrale dell'Area ricerca economica e relazioni internazionali.
La tempesta dello spread
Il Ragioniere continua a esercitare il suo ruolo istituzionale a presidio della stabilità finanziaria del Paese e lo fa anche da metà 2018 in poi, quando l'incerto risultato elettorale e la nascita dell'esecutivo giallo-verde fanno riesplodere la tempesta dello spread. Mediatore autorevole e dai modi felpati, Franco in quell'esecutivo si adopera per smussare alcuni punti del decreto legge che, tornando parzialmente indietro rispetto alla riforma Fornero, introduce l'uscita anticipata con Quota 100.
Proprio la previdenza è una delle materie che Daniele Franco ha approfondito maggiormente come studioso: un bagaglio tecnico che non mancherà di utilizzare quando ci sarà da definire il percorso di uscita dal meccanismo che scade a fine anno e che nonostante le pressioni leghiste non dovrebbe essere prorogato. Ma i suoi interessi abbracciano anche altre tematiche ugualmente importanti in una struttura vasta ed eterogenea come il Mef. In una fase in cui lo Stato sembra spinto dalla crisi pandemica ad allargare la propria presenza diretta nell'economia, vorrà probabilmente valutare con attenzione e concretezza i vari dossier.
Toccherà a lui, insieme al presidente del Consiglio, delineare il passaggio dall'inevitabile pioggia di sussidi emergenziali alle politiche mirate per la costruzione del futuro: rientra in questo ambito il delicato tema del blocco dei licenziamenti, che sarà gestito nel prossimo provvedimento sui Ristori insieme al nodo delle cartelle esattoriali. E pur nel ruolo di guardiano della spesa, il nuovo ministro non mancherà di perseguire un suo antico pallino: l'incremento delle risorse destinate a istruzione e ricerca. Nelle riunioni europee, a Bruxelles o in teleconferenza, si muoverà di certo a proprio agio: e le sue conoscenze tecniche potranno risultare utili quando commissione ed Eurogruppo dovranno scrivere le nuove regole di bilancio per il dopo-Covid.
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