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Tor Vergata, esterno giorno, martedì pomeriggio. Il minivan su cui viaggiano il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, i responsabili di Roma Expo 2030, l'architetto Carlo Ratti e il segretario del Bie Dimitri Kerkentzes ha appena raggiunto Tor Vergata, dopo il tour partito da sotto casa del sindaco, i Fori Imperiali su cui affaccia l'ufficio del primo cittadino in Campidoglio. Ed è allora che, completato il giro panoramico, persino a quello che è l'arbitro della partita Expo e che come tale ha il dovere dell'imparzialità è scappato un commento più che eloquente: «Ma questo posto è fantastico!». A fianco a lui Ratti («il nostro Renzo Piano», come è stato ribattezzato dai promotori) che gli sta cantando le lodi del progetto, quel «parco solare» su cui si basa il sogno della Capitale, con il collegamento ideale ma che diventerà anche fisico tra la Roma Antica, quella rappresentata appunto dai Fori, e la Roma moderna, quella di Expo, una kermesse che dovrebbe lasciare un'eredità permanente, una legacy per lo sviluppo della città, delle sue potenzialità, specie vista la zona scelta sul fronte della ricerca e dell'università.
Expo, il Bureau a Roma. Gualtieri: «5,8 miliardi per cambiare la città»
LA VISITA
Lì, davanti alle Vele di Tor Vergata, dopo un viaggio dal centro alla periferia, passando per il Circo Massimo, Porta San Sebastiano, l'Appia Antica, il Parco degli Acquedotti quasi al tramonto, anche il gran capo del Bureau si è sbilanciato in un commento: «Location bellissima, ha delle potenzialità enormi».
LA STRATEGIA
Naturalmente, come detto, non sta a Kerkentzes sbilanciarsi o mostrare di preferire una o l'altra città candidata, ma in ogni caso il riscontro positivo è sicuramente un primo passo, in vista soprattutto dell'ispezione vera e propria che ci sarà ad aprile. Basterà il progetto a far prendere a Roma l'Expo 2030? Naturalmente no, anche se è una conditio sine qua non. Poi contano gli appoggi internazionali, la caccia ai voti, la capacità dell'intero sistema Paese di fare squadra, puntando sulle migliori risorse che possiamo mettere in campo. Personaggi del mondo dello sport, dell'economia, della moda, del made in Italy. Manager, imprenditori, campioni. E poi un frontman (o frontwoman) che si metta ventre a terra come fece Letizia Moratti per Milano nel 2016 a cercare uno per uno i consensi dei 168 Stati votanti. Una partita lunga, e difficile visti gli avversari in campo. Ma che Roma conta di giocarsi fino in fondo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero