Di prima mattina Luigi Di Maio riunisce i gruppi parlamentari per l’assemblea congiunta. Silenzio tombale. La sua comunicazione è rapida. Dieci minuti. Con lui ci...
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Il riferimento appunto è alle spese pazze della Lega in Piemonte perché il «Catellum» - dal parlamentare ex M5S Catel- lo Vitiello che ha presentato l’emendamento - sanerebbe questi tipi di reati legati al peculato. E allora, come per magia, tutte le tensioni e le spaccature in- terne al Senato (con i 5 dissiden- ti) e Camera (con 18 malpanci- sti) rientrano. E la testuggine, evocata nei giorni scorsi proprio da Di Maio, si mette in posizione di guerra contro il Carroccio. Matteo Salvini si affanna agitato per il Transatlantico, riunisce i suoi in una saletta, pri- ma di pranzo si vede anche con Di Maio. «Matteo» fa capire a «Luigi» che non c’entra «sul serio» in questa faccenda. E così le ombre e i sospetti scivolano addosso ancora volta a Giancarlo Giorgetti, «il frenatore», quello che «rema contro», «l’uomo dei poteri forti». Tutte definizione che dall’inizio di questa avventura, in un crescendo rossiniano, i pentastellati gli hanno cucito addosso. E anche questa volta nel mondo di Di Maio sono in molti a prendersela con lui. E dunque «è stato lui» a ordire questa manovra di Palazzo che ha mandato in tilt la maggioranza, spiega chi è molto vicino, e ne interpreta il pensiero, al vicepremier pentastellato.
L’ASSE
E il copione ormai è difficile da smontare nonostante in serata arrivino le smentite ufficiali da Palazzo Chigi: «Il M5S non ce l’ha con Giorgetti».
Il Messaggero