Errori delle Regioni/ La supremazia dello Stato e il nuovo ruolo per Roma

Errori delle Regioni/ La supremazia dello Stato e il nuovo ruolo per Roma
L’insorgere dell’epidemia ha fatto riemergere all’attenzione collettiva l’annosa questione dall’organizzazione territoriale del nostro Paese. La...

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L’insorgere dell’epidemia ha fatto riemergere all’attenzione collettiva l’annosa questione dall’organizzazione territoriale del nostro Paese. La misura della totale disarticolazione intervenuta nei rapporti tra Stato e Regioni ce la danno le ripetute pretese di certi governatori di aprire o chiudere le loro regioni, quando invece questo tipo di decisioni deve appartenere alla esclusiva potestà dello Stato. 

Il che non vuol dire che, in caso di emergenza, non si possa vietare la circolazione fra le Regioni, ma che lo deve fare lo Stato (pur sempre all’interno dei limiti europei), non certo il presidente di una o dell’altra Regione. 
Al di là di ogni riflessione politica, da un punto di vista istituzionale, sono venuti al pettine alcuni nodi. Il primo è se possiamo continuare a permetterci un regionalismo così confuso e rissoso.
Pur senza dover mettere in discussione - come talvolta è stato fatto affrettatamente e senza grande ponderazione - l’intero assetto dei rapporti Stato-Regioni, è chiaro che la riforma del 2001 del Titolo V va ripensata, secondo tre linee principali.
Si tratta di individuare un luogo di discussione politica tra centro e periferia: la riduzione del numero dei senatori potrebbe ancora essere un’occasione per modificare in tal senso il Senato (nel contempo semplificando l’assetto delle istituzioni centrali). 
In secondo luogo, bisogna permettere che lo Stato possa adottare norme generali immediatamente applicabili, anche attraverso l’introduzione di una clausola di supremazia del diritto statale.
In terzo luogo, è opportuno che tutta la tematica del regionalismo differenziato - per come malamente impostata dall’inizio - venga messa da parte. Sullo sfondo, da affrontarsi con attenzione, il tema della riorganizzazione dimensionale delle Regioni, che implicherebbe il - difficile - ripensamento dell’attuale assetto territoriale.

Nello scenario creato dalla pandemia il tema Roma è rimasto in sordina, sia per l’inefficienza della risposta locale, sia perché le istituzioni centrali si sono schiacciate sul governo, sia per l’enormità dei problemi che hanno coinvolto altri livelli regionali e locali. Ma è chiaro che, se si vuole far ripartire una discussione sull’organizzazione territoriale del Paese, il tema di Roma Capitale non può essere tralasciato: dimensione territoriale, ruolo, competenze e risorse della Capitale della Repubblica devono, pur in quadro di compatibilità, tornare centrali nella discussione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero