Il costituzionalista Luciani: «Comprare giornali alle edicole è un dovere dettato dall'intelligenza»

Il costituzionalista Luciani: «Comprare giornali alle edicole è un dovere dettato dall'intelligenza»
ROMA - «L'informazione è un bene primario, soprattutto di questi tempi segnati da una emergenza gravissima. Per i cittadini informarsi diventa un dovere. E'...

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ROMA - «L'informazione è un bene primario, soprattutto di questi tempi segnati da una emergenza gravissima. Per i cittadini informarsi diventa un dovere. E' per questo che viene garantita l'apertura delle edicole, così come il lavoro dei giornali, dei tg, delle agenzie di stampa che continuano a svolgere il loro lavoro, nonostante i rischi». Il costituzionalista Massimo Luciani sintetizza così il quadro delle misure prese, partendo dall'articolo 21 della Costituzione che tutela il diritto all'informazione nel suo aspetto passivo e attivo, «sia nella libertà di informare che di essere informati». 


Perchè è essenziale per i cittadini essere informati?

«Tanto per cominciare – parlo in generale - senza informazione tutto il meccanismo sul quale si regge la società democratica non riesce a funzionare. In una condizione emergenziale come quella che stiamo vivendo ora l'informazione per i cittadini è cruciale, anche se è un sacrificio per chi vi lavora. Penso per esempio agli edicolanti che svolgono il loro lavoro per garantire un servizio. ma c'è un altro aspetto». 

Quale?

«Che quando è in corso una emergenza nazionale non si può cedere al rischio di ascoltare le notizie più strampalate che vengono diffuse. Tante fake news che circolano, destabilizzano. Ecco perchè resta un dovere dei cittadini informarsi: un dovere non imposto e non sanzionato, semmai un dovere dettato dalla intelligenza e dal buon senso». 

In Italia rispetto ad altri Paesi, penso il Giappone dove ci sono quotidiani che hanno una tiratura giornaliera di quasi 10 milioni di copie, la gente ritiene che il diritto all'informazione sia qualcosa di superfluo, di cui potere fare a meno...

«C'è da noi un atteggiamento diffuso che parte da lontano e che ha portato i giovani ad allontanarsi dalla informazione. A questo si aggiunge che non si legge quasi più. Nella maggior parte delle case degli italiani non entrano nemmeno libri». 

Da che dipende?

«Il buon esempio, tanto per cominciare, dovrebbe arrivare dall'alto. Gli italiani sono stati investiti da un pluridecennale messaggio che sostanzialmente faceva capire che il successo e il denaro arrivano anche senza impegno e studio. Il che è una pura stupidaggine. Ma il messaggio subliminale è che non c'era bisogno di leggere, di informarsi, di studiare. Mi viene da fare un paragone con i politici della cosiddetta Prima Repubblica. Se vi guardate le fotografie di quel periodo si vedono tanti con la mazzetta dei giornali sotto il braccio, era una classe dirigente mediamente colta. Oggi lo è meno».

Il coronavirus potrebbe dare un impulso alla lettura, considerando il fatto che la gente deve stare in casa e che è un obbligo civile andare a comprare giornali o informarsi quotidianamente? 


«Io me lo auguro. Spero che ci siano sempre più persone disposte a scendere all'edicola più vicina, facendo anche quattro passi e magari ordinarsi anche un un libro. Ma di buona qualità».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero