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Giuseppe Conte ricuce con i leader della maggioranza: «Rigore e trasparenza». La formula con cui il premier respinge l'ultimo assalto delle Regioni si racchiude in queste due parole. Rigore e trasparenza da parte delle Regioni ma anche da parte del governo nel monitoraggio e nella comunicazione dei dati. Perché nessuno pensi - è il ragionamento del capo del governo - che le scelte sulle chiusure regionali non siano basate su elementi «scientifici e oggettivi».
E a nulla vale che, a guidare la rivolta di sindaci e governatori del centrodestra, sia Matteo Salvini. Il premier tira dritto e, anzi, a sera riceve anche i 4 leader dei partiti di maggioranza per puntellare il governo in vista della seconda, delicata, traversata nell'emergenza Covid. Il vertice tra Conte, Vito Crimi, Nicola Zingaretti, Matteo Renzi e Roberto Speranza dura circa due ore. Il capo del governo riceve i leader dei suoi alleati nell'appartamento del presidente del Consiglio, per dare anche un tocco di informalità all'incontro. In realtà è la prima volta che i quattro si vedono da quando esiste il Conte II. E non sarà l'ultima. Il tagliando al programma di 29 punti verrà ultimato entro novembre, spiega Conte istituendo due tavoli ad hoc per aggiornare l'agenda: uno sulle riforme istituzionali e l'altro sugli obiettivi di politica economica.
«È emersa la comune determinazione ad affrontare il momento di difficoltà che sta attraversando il Paese con grande senso di responsabilità rimanendo uniti e scacciando via qualsiasi possibile motivo di polemica o contrapposizione», sottolinea il capo del governo ribadendo un concetto che, fuori Palazzo Chigi, sottolineano sia Zingaretti sia Crimi: quello di un «patto di legislatura» che permetta di governare fino al 2023.
Certo, è difficile che, in piena emergenza Covid Iv torni alle spinte centrifughe di qualche settimana fa. Ma la tregua ha un «timing», ed è quello che di fatto coincide con la fine del Dpcm. Da qui ad allora molto potrebbe cambiare, a cominciare dalla leadership e dalla struttura del Movimento post-Stati Generali. A Conte, per ora, sta bene così. Così come sta bene aver rinviato il nodo rimpasto, che sarà affrontato, eventualmente, solo quando la curva tornerà a calare. Ma questo, come spiega lo stesso Conte, è il tempo di affrontare la sfida del virus «con grande senso di responsabilità, rimanendo uniti e scacciando via qualsiasi possibile motivo di polemica o contrapposizione».
E i nodi non mancano, a cominciare dal decreto ristori. Il governo proverà a dare il via libera al provvedimento già domani. Ma il testo è complesso anche perché se nelle prossime ore i dati aggiornati determineranno nuove Regioni rosse o arancioni, cambierà anche la platea dei destinatari dei ristori. Nelle ultime ore, poi, è serpeggiata un'idea: approvare il decreto ristori bis per trasformarlo in un maxiemendamento al decreto ristori precedente. L'importante è che si faccia presto, anche per placare le proteste delle Regioni. Proteste che, però, non frenano Conte. Il premier, nei prossimi giorni, ha intenzione di essere onesto con il Paese. L'obiettivo è salvare il Natale, che non potrà essere come tutti gli altri. E, è il messaggio che il premier ribadisce ai suoi, ogni decisione sulle Regioni sarà scevra dalla politica: «non si negozia sulle vite umane», è il mantra che, mai come in queste ore, risuona a Palazzo Chigi.
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