Conte pensa a un partito per blindarsi dalle manovre di Di Maio e Pd

E questo non è che un debutto. La lite sugli Stati generali con le critiche di metodo del Pd e lo stop dei vertici M5S al Mes in chiave anti-dem suonano come campanelli...

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E questo non è che un debutto. La lite sugli Stati generali con le critiche di metodo del Pd e lo stop dei vertici M5S al Mes in chiave anti-dem suonano come campanelli d'allarme in vista dell'autunno caldo che attende Giuseppe Conte. Attenzione al calendario. Ci sono tre eventi, tutti ravvicinati, da tenere a mente: le elezioni regionali di settembre, gli stati generali del M5S e la possibile crisi economica che potrebbe avvolgere il Paese subito dopo l'estate. Una miscela sulla carta molto esplosiva, soprattutto per un Parlamento pronto a tutto, pur di non chiudere prematuramente la legislatura.


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Intorno «all'avvocato del popolo» volteggiano manovre e scontenti, più o meno plateali e artefatti, che però continuano a preoccuparlo. Si spiega così, per esempio, il periodico appuntamento con «l'ipotesi del partito di Conte», una formazione stimata al 14% in vista di elezioni anticipate. Uno scenario però a cui nessuno nella maggioranza pensa apertamente: ballon d'essai.

Non solo perché il traguardo rimane l'elezione del presidente della Repubblica, ma anche perché chi governa qui e ora potrebbe non farlo dopo le urne. E Maria Monti docet.
E così c'è chi nel Pd vedrebbe bene, se la situazione dovesse precipitare, un cambio a Palazzo Chigi con Lorenzo Guerini, titolare della Difesa, leader di Base riformista. Operazione avallata, raccontano, da Dario Franceschini che non si brucerebbe per il Quirinale, ma soprattutto da Luigi Di Maio, che tornerebbe così al ruolo di vicepremier, come ai tempi di Matteo Salvini. Suggestioni? D'altronde, proprio al Messaggero, non più tardi due settimane fa il ministro degli Esteri, a proposito del ritorno al voto anticipato in caso di fine del governo Conte, è stato più che mai sibillino: «Per quanto riguarda le prerogative costituzionali non sono certo opinabili, anzi sono ben chiare, non esistono automatismi».
 
IL CAMBIO
Messaggio in bottiglia chiarissimo. La verità è che il destino di Conte, più che alle ugge del Pd, è legato al futuro del Movimento che rimane la prima forza di maggioranza. Ecco perché, come dice il deputato siciliano Giorgio Trizzino, «anche noi nel Movimento dobbiamo arrivare a un'evoluzione».

E proprio lo stesso Trizzino, per esempio, dice che il Mes può essere un'opportunità. Una narrazione che trova altre sponde tra i grillini. Il senatore Emanuele Dessì, vicino a Paola Taverna, la mette giù così: «Da noi su 97 senatori almeno 70 direbbero sì al Mes. D'altronde in questa fase come si fa a dire di no a oltre 30 miliardi di euro?».

Eppure, se si seguono le fonti M5S dettate alle agenzie di stampa tutti i giorni emerge sempre un'altra realtà: no al Fondo. Ma sono le parole dei vertici, o degli ex capi grillini. Una strategia che ha un fine chiaro, anche a Conte: logorare il premier.

LE SPACCATURE
Il pianeta grillino è diviso tra chi appoggia il presidente del Consiglio e lo seguirebbe anche sulla luna (il primo è Beppe Grillo), chi sogna il ritorno Di Maio come custode della «sovranità legittima che però non è sovranismo» e la frangia minoritaria che guarda ad Alessandro Di Battista. Le ultime due anime temono Conte proprio per l'appeal che potrebbe avere tra i pentastellati.


E così quando l'autunno sarà caldo e complicato nessuno si sente di escludere che il premier possa fare un appello a una pattuglia parlamentare confusa e in preda a mille guerre intestine. Funzionerà? Il presidente proverà questa mossa per autoconservarsi? Nel gioco di specchi, d'altronde, si celano altre ombre. Se Italia Viva sembra aver mollato - per il momento - la preda, dal Pd lo scontento c'è. E lo raccontano, per esempio, anche i contrasti con il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, poco coinvolto in questa fase 3, a partire dagli Stati generali. Una serie di contesti complicati destinati ad accavallarsi alla fine dell'estate: una resa dei conti dagli scenari impazziti. Vincerà chi farà la prima mossa. O forse l'ultima. Dipende dai protagonisti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero