Csm, Bonafede illustra la riforma in Parlamento: stop ai magistrati in politica e nessun incarico nelle Procure dopo la fine del mandato

Il ministro Alfonso Bonafede
Mai più passaggi diretti dalla politica al Consiglio superiore della magistratura. Il progetto di riforma della legge elettorale del Csm che il governo sta mettendo a punto...

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Mai più passaggi diretti dalla politica al Consiglio superiore della magistratura. Il progetto di riforma della legge elettorale del Csm che il governo sta mettendo a punto dopo la bufera che ha investito Palazzo dei Marescialli punta a introdurre uno stop, prevedendo che «i membri laici che si candidano», cioè i professori e gli avvocati di nomina parlamentare, «non debbano aver avuto ruoli politici elettivi nei 5 anni precedenti».


Ad annunciare la stretta il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che parlando alla Camera ha confermato anche l'intenzione di mettere fine al fenomeno delle porte girevoli tra magistratura e politica: «Se un magistrato imbocca la strade della politica sappia che è a senso unico e non si torna indentro».

Bonafede ha risposto al question time a due interrogazioni sulle iniziative con le quali si intende reagire al «mercato delle nomine» tra politici e magistrati che sta emergendo dalle intercettazioni dell'inchiesta di Perugia a carico del pm romano ed ex presidente dell'Anm Luca Palamara. Una vicenda che, secondo il Guardasigilli, ha portato «ai minimi storici» la credibilità dell'intera magistratura.

Il ministro ha spiegato che quella del Csm non sarà una riforma «punitiva», ma volta invece a «rilanciare il prestigio» del Csm, «depurandolo dal rischio di degenerazioni del correntismo e da possibili condizionamenti delle politica». Per questo non si interverrà solo sul sistema elettorale, che sarà affidato ad una norma ad hoc perchè è un tema su cui «il Parlamento deve avere totale centralità».

Si introdurranno anche limiti stringenti per tutti i componenti: se i laici non potranno più provenire da esperienze politiche elettive, i togati eletti dai magistrati non potranno utilizzare Palazzo dei Marescialli come trampolino di lancio per successivi incarichi direttivi. Dovranno infatti aspettare almeno quattro anni dalla fine del mandato prima di presentare la propria candidatura per il vertice di una procura o di un tribunale. E resta confermato il taglio dei compensi per tutti i consiglieri annunciato nei giorni scorsi.


Intanto il vice presidente del Csm David Ermini ha deciso di astenersi dal procedimento disciplinare a carico di Palamara: non sarà lui a presiedere la camera di consiglio del 2 luglio in cui la Sezione disciplinare deve pronunciarsi sulla richiesta del Pg della Cassazione Riccardo Fuzio di sospendere in via cautelare il pm romano dalle funzioni e dallo stipendio. Sarà un'udienza a porte chiuse alla quale potranno partecipare soltanto Palamara e i suoi difensori.
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Il Messaggero