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Lo strappo dal partito nel voto alla legge veneta sul fine vita è costato i gradi di vice segretaria provinciale alla consigliera Pd Anna Maria Bigon. Un'iniziativa autonoma della segreteria di Verona, hanno subito spiegato i vertici Dem da Roma. La detronizzazione da vice segretaria è stata infatti decisa e annunciata dal responsabile provinciale del Partito Democratico a Verona, Franco Bonfante. Lo statuto del partito, infatti, non permette 'vendettè - leggi espulsioni o sospensioni - su chi vota in dissenso dal gruppo, a maggior ragione su temi etici, come quello del suicidio medicalmente assistito. Vero che la decisione di Bigon di astenersi sul fine vita, dando una mano alla destra che con i voti contrari di Fdi e Fi aveva affossato la legge, mettendo sotto Zaia e la Lega più progressista, aveva destato forte malcontento nel Pd regionale.
La decisione
«Zaia ha perso una battaglia importante e il centrodestra ha perso un'occasione di modernità - aveva detto la capogruppo in Regione, Vanessa Camani - Ma anche noi abbiamo mancato un'occasione.
Le reazioni
Bonfante ha piegato così la revoca della delega: «per il venir meno del rapporto di fiducia politica, tenuto conto del generale sentimento di iscritti ed elettori del Pd veronese, in grandissima maggioranza sconcertati e delusi dalla scelta di Bigon e favorevoli a regolamentare il fine vita a seguito della sentenza della Consulta». «Non credo nelle sanzioni disciplinari su temi etici, ed è corretto che sia lasciata libertà di voto per motivi di coscienza - ha aggiunto Bonfante - Ma chi la pratica deve essere consapevole delle conseguenze politiche, a maggior ragione se vi erano alternative, come l'uscita dall'aula». La decisione contro Bigon regista un «allarme democrazia» che torna a lanciare Graziano Delrio da Roma che già alle prime battute della vicenda aveva minacciato di autosospendersi in caso di provvedimenti contro la consigliera: «è un brutto segnale» ed è «inammissibile che si voglia processare una persona per le sue idee». Pur non condividendone la decisione, si schiera con Bigon anche Debora Serracchiani sottolineando che «l'esercizio della libertà di coscienza non può essere punito» e chiedendo al segretario del Pd veronese «di ripensarci».
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