Autonomia, il vertice sullo spacca-Italia non scioglie i nodi: giovedì nuova riunione. Di Maio: «Ancora molto da fare»

Concluso a Palazzo Chigi il vertice sulla autonomia differenziata. Alla riunione, durata tre ore, oltre ai i ministri competenti sul dossier e al premier Giuseppe Conte,...

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Concluso a Palazzo Chigi il vertice sulla autonomia differenziata. Alla riunione, durata tre ore, oltre ai i ministri competenti sul dossier e al premier Giuseppe Conte, erano presenti i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Un nuovo vertice è stato convocato per giovedì.


«Il vertice è andato bene», si è limitato a dire Salvini mentre Di Maio non ha nascosto che persistono nodi da sciogliere: «Si fanno dei passi avanti, ma c'è ancora molto da fare». Il ministro per gli Affari Regionali Erika Stefani ha spiegato: «Abbiamo trovato dei punti di incontro, ci sono stati passi avanti in materia di salute, ambiente e anche lavoro». Sui tempi per la chiusura della riforma Stefani non dà date certe ma assicura: «andiamo avanti a oltranza finché non si chiude» l'intesa. 

Nel M5S c'è ottimismo e fiducia, spiegano fonti pentastellate, sull'ipotesi di trovare la quadra sulla riforma delle Autonomie, a partire da una proposta più equilibrata, livellata in base a due principi cardine. Il primo è l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ovvero i Lep (Livelli essenziali di prestazione): livelli di servizi che devono essere garantiti ad ogni italiano indipendentemente da dove vive. Il secondo riguarda il Fondo di Perequazione: una volta trasferita una quota di gettito alla Regione, se la situazione economica dello Stato dovesse cambiare è necessario che parte del maggiore gettito venga indirizzata alle altre Regioni, proprio per garantire medesimi servizi ad ogni italiano.


È stato il nodo istruzione, a quanto si apprende, ad emergere nel corso del vertice. In particolare, è stato affrontato l'articolo 12 dello schema della riforma, dedicato all'assunzione diretta dei docenti e ai concorsi regionali. Punto, quest'ultimo, che non vede d'accordo il M5S, in quanto - è la posizione pentastellata - il rischio è di recar danno alle Regioni istituendo scuole di serie A, B e C con la possibilità di incappare inoltre nell'incostituzionalità della norma.
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Il Messaggero