OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Autonomi, sì, ma non dal Parlamento. La riforma Calderoli sull’Autonomia differenziata fa discutere, e dubitare, anche all’interno della maggioranza. Non tanto e solo sul merito - l’attuazione del federalismo prevista in Costituzione e sbandierata dalla Lega - quanto sul metodo. Decidere e definire i servizi e le prestazioni essenziali di ogni Regione, dalla scuola ai trasporti, senza neanche bussare alla porta della Camera e del Senato, ha un che di paradossale.
I PALETTI
Eppure è quanto si legge in un articolo della legge di bilancio, il 143, che rilancia la riforma del ministro leghista alle Autonomie Roberto Calderoli specificando che i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) dovranno essere definiti tramite un Dpcm. Cioè un atto amministrativo, che dall’aula non deve passare e non si può impugnare di fronte alla Corte Costituzionale. Di più: la norma leghista inserita in manovra non prevede coperture. Niente fondi, niente diritti (effettivi). Ma «una riforma attuativa del federalismo non può prescindere dalla garanzia della copertura di servizi universali come Sanità, trasporti, scuola e infrastrutture», spiega il vicepresidente della Camera di FdI Fabio Rampelli.
Di qui le cautele - e qualche mugugno - dentro e fuori la coalizione di governo.
Tommaso Foti, capogruppo di FdI a Montecitorio, mette i puntini sulle i: «L’autonomia per essere realizzata non necessita solo di un passaggio in Parlamento ma dell’approvazione ai sensi della vigente Costituzione con la maggioranza assoluta». Sottoporre il testo al vaglio dell’emiciclo, spiega dal Miur la sottosegretaria di FdI Paola Frassinetti, è tanto più necessario se la riforma interviene su diritti sociali fondamentali come l’istruzione: «Per noi i Lep sono imprescindibili, non ci possono essere Regioni di serie A e serie B». Perfino nella Lega c’è chi, come il deputato calabrese Domenico Furgiuele, pur difendendo il disegno di Calderoli, ci tiene ad assicurare che «al voto del Parlamento sarà sottoposta la legge di attuazione per l’autonomia» e sempre garantendo «i Lep e i correlati costi e fabbisogno standard». Insomma, l’aula attende la riforma Calderoli. E le opposizioni non faranno sconti. Dice Roberto Morassut, deputato e veterano Pd: «Non si può esautorare il Parlamento. E definire con un Dpcm una riforma che ha un profilo costituzionale». Gli fa eco Francesco Boccia: «Scegliere questa strada sarebbe svendere i diritti del Sud».
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero