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Il momento più bello della vita di una donna può essere anche il più complicato e difficile. La nascita di un figlio, per quanto desiderato e atteso, è un evento che può creare forte stress e disorientamento nelle neomamme. Specialmente se socialmente isolate, cioè lontane dai genitori, sorelle, cugini. È per questo che il Governo ha deciso di “partorire” (appunto) una nuova professione e cioè l’assistente materna. Il piano è quello di stanziare 100-150 milioni di euro per offrire alle madri un sostegno nei primi 6 mesi di vita del bambino attraverso un rapporto personale diretto. L’assistente materna non solo risponderà telefonicamente, o con videocall, ma andrà direttamente nelle case per sostenere le donne nella prima fase della maternità, la più difficile. Un primo riferimento a questo nuovo provvedimento è nella la Nota di aggiornamento al Def, la Nadef, esaminata ieri in Cdm.
Arriva l'assistente materna, chi è e cosa fa
Ma perché questa nuova figura professionale veda la luce, bisognerà attendere la legge di bilancio o il collegato. Per le neomamme si tratterebbe di un’opportunità unica. Perché l’assistente materna risponderà ai tanti e piccoli quesiti che, per chi si ritrova da un momento all’altro a prendersi cura di un’altra vita, possono rappresentare dei grandi problemi. Quello che si vuole prevenire è quel senso di inadeguatezza che può sfociare anche nella sindrome depressiva post partum. Sarà quindi compito della nuova figura professionale, in verità già presente in Francia e nei Paesi nordici, spiegare azioni apparentemente semplici, ma che possono mandare in tilt una neomamma: da come fasciare il piccolo a come comportarsi quando si fa il bagnetto o sei il neonato ha il singhiozzo o non smette di piangere.
Come può aiutare le neo mamme
L’obiettivo è di avere tre assistenti materne ogni 20mila abitanti, quindi il numero delle mamme supportate varierà a seconda dei territori. «L’assistenza nel periodo post partum, sia rivolta al neonato che alla mamma, è certamente un servizio che sarebbe auspicabile che il Servizio sanitario nazionale fornisse», commenta la ginecologa Maria Giuseppina Picconeri membro del direttivo nazionale della Società italiana di riproduzione umana (Siru) e fondatrice del Nike Medical Center di Roma. «I tempi di presa in carico della mamma e del suo bambino anche a livello clinico e ospedaliero si sono ridotti. Oggi le dimissioni possono arrivare anche 48 o 72 ore dopo un parto cesareo. E purtroppo - continua - non tutte le mamme si trovano nelle condizione di avere supporti famigliari per affrontare questo periodo. La fase più difficile e delicata è ovviamente quella iniziale, i primi 2-3 mesi ma il supporto sarebbe auspicabile per almeno 6 mesi”. Per quanto soddisfatta della proposta del Governo, l’esperta nutre forti dubbi sulla formazione del personale che si intende utilizzare per ricoprire la figura dell’assistente materna. «Mi sembra poco utile pensare a un assistente materna che non abbia conseguito una laurea, che non sia una puericultrice e che, in generale, non abbia sviluppato le competenze necessarie per assistere e riconoscere i disagi fisici e psichici della mamma o problematiche del bambino», evidenzia Picconeri. «Sarebbe opportuno utilizzare figure professionali specializzate e non persone che non abbiano una preparazione adeguata o che hanno fatto solo un corso di pochi mesi», conclude.
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