Il nano della stazione Termini: l'omicidio dell'imbalsamatore (Seconda parte)

Strangolato con un foulard di Balenciaga celeste. Infilato in un sacco dell'immondizia e scaraventato dietro un monticello di terra e calcinacci. È stato ucciso...

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Strangolato con un foulard di Balenciaga celeste. Infilato in un sacco dell'immondizia e scaraventato dietro un monticello di terra e calcinacci. È stato ucciso così Domenico Semeraro, impiegato di quarantaquattro anni, alto appena un metro e quaranta centimetri. Nato a Ostuni, in provincia di Brindisi, da molti anni vive a Roma. È un bibliotecario con l'hobby della tassidermia, la conservazione dei corpi degli animali per lo più imbalsamati. Per questo è conosciuto come l'imbalsamatore, un nome che lo identificherà sempre, tanto da diventare il titolo del film del 2002 di Matteo Garrone liberamente ispirato alla sua storia. Quello di Semeraro è un volto noto ai carabinieri e alla polizia per una serie di denunce per molestie. Alla stazione Termini lo chiamano "Mimmo", avvicina giovanissimi ragazzi che poi porta nel suo appartamento di via Castro Pretorio. Le indagini sul "delitto del nano" iniziano proprio qui, dall'appartamento al civico 30. "Il nano della stazione Termini", tratto dal volume III de "I Gialli di Roma" di Flaminia Savelli, uscito in allegato con Il Messaggero.

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Il Messaggero