Bruna, la trans picchiata dalla polizia locale a Milano: «Avevo bevuto e fumato, ma non ho infastidito nessuno»

È originaria di Fortaleza, in Brasile, ma da 29 anni vive a Milano. «Ero agitata, è vero. Stavo litigando con cinque peruviani ubriachi che mi stavano insultando»

Racconta la sua versione dei fatti Bruna, la donna trans presa a manganellate da alcuni agenti della polizia locale a Milano, in un video diventato virale sui...

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Racconta la sua versione dei fatti Bruna, la donna trans presa a manganellate da alcuni agenti della polizia locale a Milano, in un video diventato virale sui social. «Non mi sono spogliata e non ho dato fastidio a nessun bambino - racconta in un'intervista al Corriere della Sera -. Là non c'erano bambini». Bruna, questo il nome con cui è conosciuta nel quartiere, è originaria di Fortaleza, in Brasile, ma da 29 anni vive a Milano. «Ero agitata, è vero. Stavo litigando con cinque peruviani ubriachi che mi stavano insultando», aggiunge. 

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La versione di Bruna, la protagonista del video choc a Milano

Bruna nega tutte le accuse mosse nei suoi confronti, ma ammette: «La sera prima avevo bevuto un po' e fumato uno spinello». Cosa ha scatenato allora la reazione degli agenti? «Mi hanno messo in auto. Io ho iniziato a lamentarmi e loro mi dicevano “zitta, zitta, stai buona”. Allora ho dato testate contro il plexiglas. E quello che era il capo ha detto di fermare l’auto: “Adesso gli diamo delle botte”. Ha cercato di prendermi per i capelli per farmi scendere ma io l'ho spinto via e sono scappata. Ho provato a nascondermi in un’aiuola ma mi hanno trovata».

A questo punto accade quello che si vede nel video choc: le botte, le manganellate e lo spray al peperoncino. «Io alzavo le mani - ricorda - chiedevo che non mi picchiassero. Ho avuto tanta paura. Ora voglio denunciarli». Bruna nega anche di aver minacciato di infettare gli agenti: «Non è assolutamente vero. L'unica cosa che ho fatto è stato mordermi la mano dal nervoso. Io quando mi arrabbio, mi arrabbio, ma non sono violenta. Ero arrabbiata perché hanno preso me e non quel gruppo di peruviani che mi insultavano». 

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Il Messaggero