Toto Cutugno morto, “L'italiano” inno degli italiani all'estero: perché la canzone è diventata un successo mondiale

Nel 2013 l'apoteosi con la sua hit cantata a Sanremo dal coro dell'Armata russa

Toto Cutugno morto, “Italiano vero” inno degli italiani all'estero: perché la canzone è diventata un successo mondiale
L'Italiano, Toto Cutugno giusto 10 anni fa  mise a segno il capolavoro della sua vita d'artista convincendo Fabio Fazio a invitare sul palco dell'Ariston il coro...

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L'Italiano, Toto Cutugno giusto 10 anni fa  mise a segno il capolavoro della sua vita d'artista convincendo Fabio Fazio a invitare sul palco dell'Ariston il coro dell'Armata Russa per cantare il suo successo planetario. Dieci anni fa, appena, anche se alla luce di ciò che accade adesso sembrano cento.

Allora vinse Mengoni con l'Essenziale, ma di essenziale non c'era nulla in quella smisurata e impettita presenza russa che non rientrava nemmeno nelle inquadrature e con i militari in uniforme da cerimonia con cappelli alti una spanna e le voci possenti che accompagnavano il cantautore toscano (ligure d'adozione) giustamente ebbro di felicità e orgoglio.

Dal 1983 (altra cifra tonda, 40 anni) gli italiani hanno avuto un'altra canzone insieme a Volare, Bella Ciao e Romagna Mia adatta a ogni contesto internazionale, meglio ancora nei paesi dell'Est dove Cutugno divenne famoso tanto quanto Al Bano e Romina (e, ok, Pupo). Dai circoli Marconi in Australia alle scuole Dante Alighieri di Buenos Aires, dalle sagre dei campesinos messicani alle feste tricolori a Città del Capo, l'Italiano vero divenne e tutt'ora un passaggio imprescindibile. Dagli immigrati di prima generazione e ai lori discendenti, agli studenti in Erasmus, dalle comitive in viaggio di gruppo alle compagnie improvvisate, l'Italiano prima o poi riecheggiava spesso su richiesta degli "indigeni". Impressionante sentirsela chiedere da una comunità boera, da una "confraternita" di studenti dell'Ivy League o da farmer texani che di certo non avevano legami di sangue con l'Italia.

Americani, spagnoli, norvegesi, neozelandesi: tutti erano certi di fare bella figura con l'ospite italiano chiedendogli di cantere l'Italiano e questo anche quando c'erano solo i dischi in vinile, le audiocassette o i nastri vhs a mandare in giro per il mondo quel testo di orgoglio patrio che a Sanremo nel 1983 non arrivò nemmeno sul podio (quinto posto, vinse Tiziana Rivale con Sarà quel che sarà). Un testo naturalmente snobbato dalla critica nonostante Cutugno già negli anni Settanta si fosse fatto un notevole nome in Francia e nei paesi francofoni grazie a una star raffinata e mondiale come Dalida che cantava i suoi testi.

Alla fine, che si fosse o non si fosse fan di Toto Cutugno, tutti cantavano attorno alle tavolate o attorno ai falò: padroni di casa e ospiti. La forza di quella canzone snobbata da Celentano? Più che il testo lo stesso Toto Cutugno sempre coerente con cià che scriveva e cantava, sempre, per tutto l'arco della sua lunghissima carriera. Nell'Italiano ci sono tutti gli stereotipi degli italiani, ovvero quelli in cui si riconoscono molti italiani e che riconoscono tutti gli stranieri degli italiani, e poi c'è la sua voce, a volte arrochita, molto originale e molto riconoscibile, mai piegata alle tendenze del momento. Cutugno era italiano ed era anche vero.  

Non è esagerato dire che Cutugno e le sue canzoni, mai canzonette anche se parlava sempre di amore, abbiano appaiato nel successo un talento galattico come Domenico Modugno il che, pensando a Volare, sembrava oggettivamente impossibile. Cutugno inoltre non ha mai deviato dal suo stile, non si è mai fatto sconti, professionale anche alla millesima richiesta di bis. E non si è mai crucciato, o almeno non lo ha fatto né vedere né pesare, del fatto che fosse più amato e seguito all'estero che in Italia. E sorrise quando qualche anno fa l'Ucraina vietò la diffusione delle sue canzoni perché considerate filorusse.

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Il Messaggero