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«Ho mantenuto sempre lo stesso atteggiamento negli anni: non parlo mai prima del regista. Dunque sarà Paolo a parlare del film. Posso dirvi che è il mio settimo film con lui, una cosa abbastanza singolare, e si è girato in un clima così denso di entusiasmo e passione, che mi è sembrato come se fosse il primo film insieme. Ho provato la stessa gioia di quando abbiamo lavorato a “L’uomo in più” e a “Le conseguenze dell’amore”. Sono queste le prime parole di Toni Servillo su “La Grazia”, prossimo lavoro del regista premio Oscar Paolo Sorrentino, che a inizio maggio è sbarcato nella Capitale per girare alcune scene di quello che ha descritto come «il cosiddetto film d’amore, a cui io e Toni pensiamo da una ventina d’anni e che declineremo alla maniera di Truffaut».
L’intesa con Andò e il dispiacere per l’assenza in “Youth”
Servillo ha raccontato le emozioni che lo hanno animato in questa nuova collaborazione con il fidato amico e collega durante L’Ischia Film Festival, evento a cui ha preso parte insieme al regista Roberto Andò, con cui questa sera presenterà “L’abbaglio”, opera tra finzione e realtà in cui Andò racconta un particolare episodio della spedizione dei Mille. «Amo lavorare insieme a registi con cui condivido un orizzonte culturale e un profilo umano.
L’amore per il teatro, il rapporto difficile con le serie tv e il valore dell’amicizia
Quella di Servillo è una carriera poliedrica e piena di successi, improntata all’insegna del dialogo tra teatro, primo vero amore dell’attore, e cinema: «Il fatto che i due linguaggi si contaminino a vicenda, aiuta a trovare originalità. Frequentarli entrambi mi ha spesso aiutato ad abbracciare la complessità di certi personaggi». Nei momenti difficili, quelli in cui tutto sembra vacillare, l’interprete originario di Afragola si è sempre affidato a un singolo valore: l’amicizia. «Il cinema e il teatro sono arti pubbliche e la maestria maggiore a cui ho attinto da ragazzo è stato il gruppo di coetanei con cui ho iniziato a fare questo lavoro, misurando reciprocamente capacità e limiti di ciascuno. Quando i giovani mi chiedono a che età si inizia a guadagnare in questo mestiere, rispondo sempre di fare squadra e capire se hanno ha da dire qualcosa che interessa anche agli altri e non solo a loro. Senza amicizia, la mia vita sarebbe stata più alienata» A fronte di un palmares artistico prolifico e diversificato, Servillo ha avuto la possibilità di recitare in “Esterno notte”, film evento di Marco Bellocchio sul rapimento Moro, trasmesso poi come miniserie televisiva sia su Rai che su Netfllix, dopo un’uscita in due parti al cinema. Una serie tv decisamente atipica, che poco ha a che fare con i ritmi incalzanti del binge watching. «Ho recitato in una sola serie, quella di Marco Bellocchio, perché in verità non sono mai arrivate altre offerte del genere. Nel corso del tempo ne ho viste alcune molto belle, ma non sono un grande spettatore del settore, anche perché non mi piace essere intrattenuto all’infinito. Mi piacciono le cose che hanno un inizio, uno svolgimento e una fine. Però, chissà, dovesse capitare un’opportunità come con il maestro Bellocchio…».
La crisi del cinema italiano e l’ “abbaglio” dei nostri tempi
A fronte delle recenti dimissioni di Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà, e di Nicola Borrelli, direttore generale Cinema e Audiovisivo del ministero, l’attore ha espresso grande preoccupazione per lo stato di salute di un’industria cinematografica in grande crisi: «Siamo sconcertati. C’è un tax credit bloccato e, al di là di circostanze che sembrano nascondere tentativi di riposizionamento, si rischia di fare molti passi indietro rispetto a quello che il cinema italiano ha guadagnato sul campo». E infine, tornando al titolo del film che presenterà tra poche ore all’Ischia Film Festival insieme al collega e amico Roberto Andò, “L’abbaglio”, Servillo ha spiegato come «l’abbaglio è credere che i massacri siano una soluzione, visto che la storia ci ha insegnato il contrario. Così come credere che non ci sia un’emergenza climatica è un grande abbaglio e una sconfitta rispetto a tutto ciò in cui abbiamo creduto e che oggi sembra crollare fragorosamente».
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