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C'è chi ha lasciato come firma sui social la sua immagine di sei anni fa con elmetto e kalashnikov tra le case distrutte del Donbass e chi ha cancellato ogni traccia, anche passata, dalla rete; chi ostenta simboli fascisti tatuati sulla pelle e chi scrive post intrisi di ideologia. Chi è tornato e chi, invece, è ancora là. A sparare e uccidere. Per i russi e per gli ucraini. Non sono molti, gli italiani alla guerra ma ci sono e la morte di Edy Ongaro al fronte riporta alla ribalta quella pattuglia di uomini; neri, rossi e mercenari spinti dal richiamo dei soldi.
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Quanti sono i mercenari
Per intelligence e antiterrorismo sono meno di 20 e il monitoraggio su di loro è costante, per evitare di farsi trovare impreparati nel caso tornassero in Italia. Con i filorussi, dopo la morte di Ongaro, sono rimasti in 7; gli altri sono con gli ucraini. Come Giuseppe Donini, 52enne di Ravenna che sarebbe con il battaglione Azov, quello che sullo sfondo dello stemma ha il sole nero emblema delle Ss. Medio Oriente, Africa, Ucraina. C'è un suo video che risale al 2016, dopo l'occupazione della Crimea. «Sono qui perché mi piacerebbe vedere la mia Europa libera dagli invasori. So che questo è impossibile ma io posso provare a fare del mio meglio». Con lui c'era Valter Nebiolo, che invece è rientrato in Italia. «Noi proviamo ad aiutare, aiutare è il minimo. Ma fare qualcosa è sempre meglio di non fare nulla».
Il caso Volodymyr Borovyk
Nei conti degli italiani rientra anche Volodymyr Borovyk, che dal 2004 vive a Roma dove lavora in un ristorante e gestisce un Caf. Il trentottenne, moglie e tre figli piccoli nati nella capitale, è tornato nel suo paese, a Chernivtsi, e si è arruolato nella difesa territoriale «soprattutto per i miei figli». «Credetemi, dopo la guerra ricostruiremo insieme l'Ucraina, la vittoria sarà nostra» scrive sui social postando una foto in mimetica e fucile in mano. È tornato invece in Italia Francesco Saverio Fontana, 60enne con un passato in Avanguardia Nazionale e amico di Gabriele Adinolfi, fondatore di Terza Posizione.
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Chi è in Donbass
Ex capo ultrà dei Bulldog della Lucchese, estremista di destra, è in Donbass. «Ciao a tutti, sto bene - scriveva il 24 marzo su Facebook - La situazione è difficile, l'esercito delle repubbliche insieme a quello russo avanza ogni giorno seppur lentamente». L'ultimo post è del 28 marzo. «Se la Russia non avesse iniziato l'operazione, l'esercito ucraino avrebbe iniziato l'operazione contro le repubbliche del Donbass e sarebbe stato un genocidio, nelle città da noi conquistate sono stati trovati tutti i piani di attacco. L'Ucraina non è uno stato democratico, esiste solo in funzione antirussa». Con lui c'è Riccardo Emidio Cocco, altro con simpatie neofasciste: «da oggi per il Donbass inizia una nuova era, sorge il sole - scrive il giorno dell'invasione russa - Svegliatevi amici miei, svegliatevi europei». Altri veterani del Donbass sono Massimiliano Cavalleri detto 'Spartacò, e Gabriele Carugati, soprannominato 'Arcangelò, un ex addetto alla sicurezza di un centro commerciale in Lombardia figlio di Silvana Marin, ex dirigente della Lega a Cairate. Dovrebbero essere ancora lì a combattere. «Sono venuto in Donbass per dare una mano a persone che credevo ne avessero bisogno e nel mio piccolo penso di essere riuscito a fare qualcosa» scriveva Carugati su Fb nel 2017 e da allora il profilo non è più stato aggiornato. Cavalleri è stato ferito due volte in combattimento, nel 2015 e nel 2017. E anche il suo profilo è fermo al 2017: «credo nelle idee che diventano realtà». L'ultima foto è del 13 aprile 2016: c'è lui vestito da militare che imbraccia un fucile, elmetto e volto coperto. «Battaglia casa per casa (nord Donetsk)» scrive e a chi gli chiese se è già tornato in azione conferma: «si». «Quando sparo vedo sì gli ucraini - ha detto in diverse interviste negli anni scorsi - ma vedo anche Bruxelles o i politici italiani».
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Il Messaggero