Maurizio Costanzo, Ricky Memphis: «Ero un poeta metropolitano, conoscerlo è stata la svolta»

L'attore è uno dei tanti lanciati dallo Show: «Mi ha insegnato a stare sul palco»

Maurizio Costanzo, Ricky Memphis: «Ero un poeta metropolitano, conoscerlo è stata la svolta»
Tra i tanti personaggi scoperti e lanciati da Maurizio Costanzo al suo Show, spicca l’attore romano Ricky Memphis, nome d’arte di Riccardo Fortunati, 54 anni e una...

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Tra i tanti personaggi scoperti e lanciati da Maurizio Costanzo al suo Show, spicca l’attore romano Ricky Memphis, nome d’arte di Riccardo Fortunati, 54 anni e una solida carriera divisa tra cinema e tv. Era uno sconosciuto ma, dopo il passaggio nel salotto tv più ambito, è diventato un protagonista del nostro spettacolo che oggi ha all’attivo successi come Distretto di polizia, Immaturi, Lockdown all’italiana e ha lavorato perfino con il premio Oscar Paolo Sorrentino nel film Loro. 

Come arrivò alla trasmissione di Costanzo? 
«Era il 1990. Avevo solo 21 anni e non avevo mai recitato. Ero un poeta metropolitano, un personaggio dell’underground romano: scrivevo poesie e le leggevo prima dei concerti rock dei miei amici nelle cantine. Un settimanale mi intervistò e Maurizio, incuriosito, decise di invitarmi al suo Show». 

E come andò? 
«Quella sera, tra una chiacchiera e l’altra, manifestai il sogno di fare l’attore. Mi videro da casa Ricky Tognazzi e Simona Izzo che cercavano gli interpreti del loro film Ultrà, poi mi sottoposero a un provino e fui preso. Da lì è cominciato tutto e la mia vita è cambiata». 

Chi è per lei Costanzo? 
«La persona a cui devo tutto, a cui ho voluto e voglio ancora molto bene. Mi aveva preso in simpatia, ha accompagnato la mia vita e la mia carriera. Per questo non gli ho mai detto no: ogni volta che mi ha invitato, ed è successo anche recentemente, sono corso in trasmissione». 

Le ha mai dato dei consigli? 
«Mi ha sempre raccomandato di essere spontaneo, di rimanere me stesso. E io lo ascoltavo con enorme rispetto e riconoscenza. Pensare che all’inizio ero intimidito da lui, lo consideravo un mostro sacro e sentivo di non essere all’altezza della sua sterminata cultura». 

Maurizio andava a vedere i suoi film? 
«Penso proprio di sì, di sicuro ha visto la serie Distretto di polizia che ha consacrato la mia popolarità. E mi ha fatto i complimenti».

E l’ha mai rimproverata? 
«Nemmeno una volta. È sempre stato affettuoso e cordiale. È stato lui ad insegnarmi ad apparire in pubblico: sono sempre stato una persona introversa e ancora oggi davanti agli altri tendo a fare scena muta. Maurizio mi ha spinto a intervenire, ad essere più intraprendente, insomma a dire la mia». 

Oggi cosa vorrebbe dirgli? 


«Che ha rappresentato la svolta della mia vita. Mi ha dato non soltanto il “la”, ma ha suonato tutte le altre note. Ora il dolore per la sua morte è aggravato dal fatto che non ho fatto in tempo a ringraziarlo come avrei dovuto. Persone come lui non dovrebbero andarsene mai». 

 

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Il Messaggero