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Malcolm McDowell ovvero Alex DeLarge in Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, un capolavoro che nel bene e nel male ha segnato la vita dell'attore inglese nato John Taylor, 80 anni fa a Leeds. La star, che abita negli Stati Uniti, racconta il dietro le quinte di quel cult che scatenò durissime polemiche e che venne anche tacciato di "fascismo" mentre in realtà il regista, racconta l'attore, denunciò la violenza dei regimi totalitari.
McDowell si racconta in una lunga intervista a Valerio Cappelli sul Corriere della Sera, in cui spiccano anche i rapporti professionali e personali con il regista accusato anche di avere lucrato su compensi del protagonista.
Le liti sul set
«Quando litigavamo volavano parolacce tra noi.
Le scene dello stupro
«Non riuscivano a venire a capo della scena dello stupro alla donna e della violenza al marito. Io aspettavo di capire come avremmo dovuto girarla. Dopo cinque giorni Stanley mi chiese a bruciapelo: Can you dance?, Sai ballare? No, gli risposi, ma cominciai a muovermi canticchiando Singin’ in the rain (Cantando sotto la pioggia). Il film di Gene Kelly mi diede una specie di strana euforia, cantavo in modo e naturale. Stanley fece un gesto come a dire, abbiamo trovato la quadra».
La cancel culture di oggi
«E’ difficile dire se oggi il film potrebbe essere girato, ma nemmeno allora se non ci fosse stato Stanley dubito che le major avrebbero finanziato un film del genere, per quanto non risultò così costoso».
Gli Stati Uniti di oggi
«Sono disturbato da quello che succede nel baluardo della democrazia, gli Stati Uniti. L’America è stata infettata e soggiogata da un idiota che si chiama Trump. Un uomo egocentrico e narcisista che si crede un semi dio mentre è un cretino».
Il pacifista McDowell
«Mi ritengo un uomo di buon senso. In America non bandiscono le armi, basterebbe un voto al Parlamento. La National Rifle Association ha un potere enorme, è una lobby corrotta che invoca il secondo emendamento sull’uso delle armi, ma quello fu istituito nel 1776 e aveva come unico scopo quello di liberarsi degli inglesi».
Sogni
«Ne avevo uno, lo sto realizzando. Non avevo ancora mai girato un film western, esperienza che qualunque attore prima o poi deve fare. In The Last Train to Fortune sono un maestro elementare caduto in disgrazia, viene espulso dalla scuola in Inghilterra e va in USA, prende un treno ma perde la coincidenza e si ritrova in un capannone abbandonato in mezzo al nulla dove incontra un cowboy armato che si offre di accompagnarlo nel suo viaggio. Poi vorrei fare un film sui vampiri».
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Il Messaggero