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La stretta di mano più importante, quella «con Carlo Vanzina, che con il fratello Enrico ha creato per me i personaggi iconici della commedia Anni Ottanta». La stretta inaspettata, quella «col regista Werner Herzog, alla Berlinale nel 1993. Era accanto a me alla proiezione di Diario di un maniaco, e quando finì il film mi disse che si augurava che un giorno avessi un figlio cui mostrare quel capolavoro». Nessun incontro sbagliato, «mani sporche non ne ho mai strette», tanti amici ancora vicini, «Sabrina Salerno, Umberto Smaila, Renato Pozzetto che per me è un punto di riferimento», una carriera «da libidine», lunga mezzo secolo che Jerry Calà, 70 anni domani, festeggerà il 28 luglio con uno spettacolo all'Arena di Verona e a novembre con un nuovo film da regista e attore, «una commedia con me e mio figlio Johnny».
LE COMMEDIE
Un ritorno al cinema da cui l'attore, idolo di commedie come Vacanze di Natale, Vado a vivere da solo o Al bar dello sport, manca da due anni, da quell'Odissea nell'ospizio uscito a fine 2019 e oggi reperibile solo su piattaforma (Chili). Della sua carriera, iniziata con il cabaret de I Gatti di Vicolo Miracoli e sbocciata con il cinema dei Vanzina, Calà parla volentieri. «Gli Ottanta sono stati incredibili, facevo due o tre film a stagione e vivevo in una Roma fantastica, dove la notte facevi incontri favolosi. Una volta io e Mara Venier, con cui ero fidanzato (si sposeranno nel 1983 per separarsi quattro anni dopo.
GLI ERRORI
Pur essendo stato per anni campione di incassi e tormentoni, Calà ammette qualche errore: «Silvio Berlusconi una notte mi venne a stanare a Roma, fin dentro a un locale, per chiedermi se davvero non volessi fare tv con lui. Avevamo fatto insieme Tele Milano, aveva preso per me e per I Gatti un appartamento a Milano 2, ci eravamo divertiti. Ma io volevo fare il cinema. Economicamente sono stato uno stupido».
Dei momenti cruciali della sua vita, il primo avviene a fine Anni Ottanta, con la rottura del contratto con Aurelio De Laurentiis: «Dopo Yuppies mi ero ritrovato in una serie di dinamiche di gruppo che non mi piacevano: volevo tornare protagonista, avere il mio spazio, volevo il Jerry Calà In. Ma ho sbagliato: gli altri poi hanno fatto i soldi veri con i cinepanettoni. Io, almeno, ho conosciuto Marco Ferreri».
L'INCIDENTE
È con Ferreri che gira Diario di un maniaco e vince il premio della critica a Berlino, ma è dopo di lui che Calà, nell'ansia di tornare nel giro, commette un grave errore. «Vizi non ne ho tanti, ma quando mi sto divertendo tendo a esagerare. Anche l'incidente del 1994 fu frutto di un'esagerazione, ero in super stress da lavoro. Avevo chiuso un film, preso un aereo, ero andato a cena da mia madre e poi da Smaila, in un locale fuori Verona. Al ritorno il colpo di sonno, l'incidente in macchina, la recisione dell'aorta femorale. Mi ha salvato la temperatura, sotto lo zero. Da allora sono cambiati i valori della mia vita, il lavoro è finito in fondo».
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I VIZI
Ancora qualche film da regista, uno incompiuto, Il Longobardo («Era Benvenuti al sud, ma scritto dieci anni prima. Complimenti ai produttori che non hanno creduto alla mia idea») e uno mai distribuito, ma disponibile su YouTube, Pipì Room: una decina di episodi dedicati ai vizi dei giovanissimi, «scritto sulla base delle confessioni che si facevano le ragazze nel bagno del locale di un mio amico. Origliavamo i loro discorsi attraverso una grata: il #MeToo oggi ci manderebbe al rogo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero