Galeazzi morto, le ultime settimane in terapia intensiva, lunedì la camera ardente in Campidoglio

La sua vita raccontata nel libro "L'inviato non nasce per caso"

Giampiero Galeazzi continua a vivere nei ricordi affettuosi degli amici e dei milioni di italiani che l'hanno seguito alla radio e tv dalle cronache sportive a quelle...

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Giampiero Galeazzi continua a vivere nei ricordi affettuosi degli amici e dei milioni di italiani che l'hanno seguito alla radio e tv dalle cronache sportive a quelle sull'attualità e il mondo dello spettacolo. La sua morte a 75 anni non ha preso in contropiede chi aveva mantenuto i contatti con lui e lo sapeva ricoverato da tempo in un reparto di Terapia intensiva, ma tutti gli altri sono restati profondamente colpiti dalla sua scomparsa nonostante la lunga assenza dalla tv.

Galeazzi, soprannominato "Bisteccone" dal collega Gilberto Evangelisti per la sua imponente stazza da canottiere, lascia la moglie e due figli giornalisti come lui, Gianluca (La 7) e Susanna (Sky). In attesa del funerale dell'inviato della Rai, non si contano i messaggi di cordoglio che hanno raggiunto la famiglia, sempre molto riservata e lontano dai riflettori.

La camera ardente

Intanto si è appreso che sarà il Campidoglio ad allestire la camera ardente lunedì 15 novembre nella sala della Protomoteca a partire dalle 11.30.

«Sarà per noi un onore ospitare l’ultimo saluto a un grande sportivo e appassionato giornalista che ci ha regalato emozioni uniche. La famiglia, gli amici e i romani potranno rendergli omaggio fino alle 18", ha annunciato l'assessore ai Grandi Eventi, al Turismo e allo Sport di Roma Capitale, Alessandro Onorato.

 

Il soprannome "Bisteccone"

 

Era malato, come lui stesso aveva detto, di una grave forma di diabete: una rivelazione espressa per sgombare il campo da altre ipotesi. Si era pentito di essere presentato nel 2018 a Domenica in, tramissione che aveva contribuito a rilanciare in coppia con Mara Venier,  su una sedia a rotelle: un'apparizione che aveva preoccupato non poco amici e spettatori, ma che in realtà era una conseguenza di un'operazione a un ginocchio.  

 

Con la sua proverbiale bonomìa romana aveva detto: «Sui social mi hanno già fatto il funerale, ma vedete bene che sono ancora vivo. Le mani tremano? E' l'emozione, non il Parkinson, io ho il diabete che ha volte mi fa stare molto male ma poi a 72 anni non sono messo così male, sono pure dimagrito. E poi la vita mi ha dato tanto, ho avuto e ho grandi soddisfazioni».

Sul suo rapporto con la bilancia scherzava lui stesso illustrando con ironia la sua "dieta" in cui l'amatriciana non mancava mai, semmai relegata al ruolo di antpasto. E ai grandi campioni di cui era anche diventato amico, da Maradona ai fratelli Abbagnale, aveva dedicato molte pagine del suo libro "L'inviato non nasce per caso".

 

 

 

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Il Messaggero