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Gabriele Muccino ci stupirà ancora. Lo farà con Here now, un thriller d’azione, in sala nell’inverno 2024. «Lavorando con Will Smith — spiega il regista a La Repubblica — ho imparato quanto conti il marketing nel rendere nuovo, originale, attraente un film. Nel poster ci sono due ragazzi e una pistola. È un film d’amore, ma con colpi di scena. Una storia alla Fuori orario di Martin Scorsese, tutto in 24 ore. Una ragazza americana che arriva con la sorella, dopo altre città d’arte, a Palermo e incontra un gruppo di coetani siciliani al mare. Sembra l’inizio di una classica storia d’amore estiva ma all’improvviso diventa il contrario di ciò che prometteva d’essere». Da vedere. Proprio come il film di Paola Cortellesi.
Muccino, (quasi) pronto il nuovo film
«Mi ha commosso, ne sono orgoglioso. Tutti noi percepiamo l’onestà, l’autenticità di quel che Paola racconta». Un film che va visto dagli uomini sottolinea con forza La Repubblica. Muccino è d'accordo: «Sì, perché ci mette davanti a una eroina con cui non abbiamo una relazione parentale, ma che ricorda le nostre zie, madri, nonne. In quell’atteggiamento umile, apparentemente passivo, c’è un dolore profondo che appartiene anche agli uomini. Forse di più, perché ci si sente in colpa per quello che abbiamo visto e ereditato in modo inconsapevole, anche a livello ancestrale».
La carriera
Gabriele Muccino oggi è uno dei registi più affermati. Questo implica anche ricevere delle critiche. Ma conviverci non è semplice. «L’ho vissuto sulla mia pelle, ero simpatico a tutti ai tempi di Ecco fatto, quando L’ultimo bacio superò 10 miliardi anche i miei maestri, Monicelli, Suso Cecchi d’Amico, Scola, che mi avevano supportato fin lì ebbero una sorta di insofferenza. Il successo crea risentimento. Mi ci sono adeguato, convivo con un’aspettativa che vuole la tua caduta, più che il successo». Dopo Hollywood è tornato in Italia. E sta bene: «Tornare in Italia mi ha rimesso al centro, ho fatto solo cose di cui sono orgoglioso». Ma se lo chiamasse Will Smith «andrei domattina. Gli voglio bene, siamo legati da tante cose, oltre a un film che ha definito le nostre vite, La ricerca della felicità».
La sua felicità è vedere gli miei amici del liceo («Sono rimasto quel che ero per raccontare ciò che sono»), «tornare a casa da mia moglie, girare con mio figlio assistente alla regia. Di fronte alla volatilità del mondo le esperienze quotidiane diventano più profonde». Questa è la felicità di Gabriele Muccino.
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