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«Se mi avessero chiesto: "Chi vuoi essere?", avrei risposto: Claudio Cecchetto», dice Jovanotti. «Con Baudo era l'unico vero talent scout», ricorda Amadeus. Dall'ex Ragazzo fortunato all'ex dj diventato uno dei volti più potenti della tv italiana, passando per Fiorello, Gerry Scotti, Leonardo Pieraccioni, Francesco Facchinetti, Sabrina Salerno e Fabio Volo: People from Cecchetto (una chiara citazione di quella People From Ibiza del "suo" Sandy Marton), il docufilm di Emanuele Imbucci sulla carriera del 71enne ex dj, presentatore, fondatore di Radio DeeJay e Radio Capital, produttore e talent scout straordinario, è una grande reunion - virtuale - dei "Cecchetto guys", che celebrano il loro mentore. Andrà in onda mercoledì in prima serata, alle 21.30, su Rai1.
Claudio Cecchetto risponde da Cortina, dove venerdì sera ha partecipato alla festa per i quarant'anni di Vacanze di Natale, simbolo di un decennio, gli Anni '80, di cui mister Gioca Jouer è stato uno dei grandi testimoni e protagonisti: «Non ho mai lanciato talenti, ho seguito i talenti, abbiamo costruito insieme la loro carriera», dice.
Facciamo un gioco. Per fare Amadeus, Fiorello, Jovanotti, Gerry Scotti, gli 883, Paola e Chiara, Leonardo Pieraccioni, solo per citare alcuni dei talenti che ha scoperto lei, ci vuol Cecchetto. E per far Cecchetto, invece?
«Ci vuole il grande Mike Bongiorno. Silvio Berlusconi lo aveva appena nominato direttore artistico di Telemilano 58, la futura Canale 5. Pensò bene che una televisione nuova come quella avesse bisogno di rivolgersi alle nuove generazioni. Cominciò a cercare tra i volti giovani di quel periodo».
Come arrivò a lei?
«Tramite il passaparola.
La svolta?
«Il provino per Discoring, nel 1979. Avevo 27 anni. L'anno dopo mi ritrovai ad essere il più giovane conduttore di Sanremo. Oggi non c'è un 27enne al quale la Rai fa fare il Festival».
Il nuovo che avanza è rappresentato da Alessandro Cattelan, che di anni ne ha 43: la Rai dovrebbe osare di più?
«Ma anche Mediaset non è che stia facendo tantissimo per i giovani, eh».
Ma lei ne vede, di giovani talentuosi?
«Ce ne sono un paio. Uno è Stefano De Martino».
E l'altro?
«Mio figlio Jody (29 anni, nato dall'unione con la moglie Maria Paola Danna, ndr)».
Non vale.
«Lo so (ride). Ma mi rivedo in lui. A Sanremo se l'è cavata bene con la conduzione del PrimaFestival».
A proposito di Sanremo, per il 2025 si libera un posto da conduttore e direttore artistico, e adesso va in onda un documentario su di lei in prima serata: con la Rai ne avete parlato?
«No. Ma non avrei problemi a farlo. Così come sono stato il più giovane conduttore, mi piacerebbe anche diventare il più vecchio. Sarebbe un bel modo per chiudere la carriera».
Amadeus lo sente?
«Sì, dai».
Ma l'anno scorso non aveva detto che «ormai bisogna passare da Lucio Presta per parlare con lui»?
«Son cose che si dicono».
Per il suo ultimo Festival ha chiamato tanti amici: a lei una telefonata non gliel'ha fatta?
«C'è tempo fino al 6 febbraio: il cast non è ancora chiuso, no?».
Sta aspettando che squilli il telefono?
«Se mi chiama, ci sono. Altrimenti non ne farò un dramma».
Nel docufilm non compare Max Pezzali: com'è finita, dopo trent'anni di hit?
«Male. Max è scomparso».
Che risposte si è dato?
«Vasco in una sua canzone, Credi davvero, dice una cosa giusta, che si presta bene a descriverela situazione: "Non ti fidare mai, non sono gli uomini a tradire, ma i loro guai". Non dico altro».
Però il suo personaggio comparirà nella serie Sky "Hanno ucciso l'uomo ragno", sugli 883.
«Ci mancherebbe. Li ho inventati io, per citare il grande Mike: una cosa dovuta». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero