Clara: «Odiavo il mio corpo per colpa dei social. Gli occhiali da vista? Alcune ragazze mi hanno ringraziato»

Dopo Sanremo parla la cantante e attrice della serie “Mare fuori”: «La cultura della perfezione ha danneggiato la mia generazione»

Clara: «Odiavo il mio corpo per colpa dei social»
Il diamante grezzo ora splende. Dalla provincia di Varese al Festival di Sanremo, al quale ha partecipato dopo aver vinto a dicembre Sanremo Giovani con Boulevard. Fino ad...

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Il diamante grezzo ora splende. Dalla provincia di Varese al Festival di Sanremo, al quale ha partecipato dopo aver vinto a dicembre Sanremo Giovani con Boulevard. Fino ad arrivare al disco d’esordio Primo (appena uscito, ha debuttato ieri al sesto posto della classifica Fimi/Gfk dei più venduti della settimana in Italia) e al tour che a marzo la vedrà girare l’Italia intera per far ascoltare le sue canzoni (a Roma arriverà il 21 marzo, al Largo Venue), passando per il successo di Mare fuori, la serie fenomeno tra i giovanissimi nella quale interpreta il personaggio di Crazy J. La favola di Clara Soccini, per gli amici semplicemente Clara, è realtà: «Cosa ha funzionato? La mia sincerità. Quando sono tornata a casa dopo la settimana di Sanremo e mi sono riguardata in tv, mi sono detta: “Questa è davvero Clara”».


E chi è Clara?
«Ho 24 anni, vengo da Travedona Monate, in provincia di Varese».


E fin qui. Che adolescenza è stata la sua?
«Travedona (poco meno di 4 mila abitanti, ndr) è una bolla. Io cantavo nello studio di Dede, un mio amico. Milano è sempre stato un sogno. Mi sono detta: “Se mi trasferisco, magari riesco a entrare in qualche giro”».


Si è ambientata subito?
«Sì. Sono entrata nel roster di un’agenzia di moda. Avevo 16 anni. Guadagnavo soldi per mantenermi, mentre registravo e pubblicavo le prime canzoni. Vivevo in una cameretta in un appartamento in affitto. Tutto bello, rispetto alla provincia. Ma le cose non andavano come volevo. Con la musica non ingranavo. E i soldi cominciavano a scarseggiare. Per me significava fare i bagagli e tornare a Travedona».


La svolta?
«Un messaggio sui social da parte di Ivan Silvestrini, il regista di Mare fuori: “Ho ascoltato le tue canzoni: vorrei che ti candidassi al provino per interpretare uno dei personaggi della serie, mi sembri perfetta per il ruolo”».


Cos’ha in comune con Crazy J, la cattivissima trapper che in “Mare fuori” ruba una canzone a uno dei personaggi più amati, Cardiotrap (interpretato da Domenico Cuomo, ndr), “Origami all’alba”?
«La voglia di farcela».


E basta?
«Anche un po’ di rabbia. Ma espressa in modi diversi. Io non sono mai stata teppista come Crazy J. La cosa più trasgressiva? Andare in giro indossando un passamontagna, nella mia fase trap».


La prima cosa che fa Crazy J non appena arriva nell’istituto penitenziario della serie è tagliarsi con un coltello “perché guardare le mie ferite rimarginarsi mi piace”. Lei è mai stata autolesionista?
«No. Però il mio corpo l’ho odiato per anni. Ci sono stati giorni in cui mi guardavo allo specchio e non mi piacevo. Colpa della cultura della perfezione dei social, che ha creato scompiglio nelle menti dei ragazzi della mia generazione».


Cos’è che non le piaceva del suo corpo?
«A 4 anni cominciai a portare gli occhiali da vista. Poi dovetti mettere pure l’apparecchio. Mi guardavo, piangevo e urlavo».


Sa che i look sfoggiati a Sanremo l’hanno resa un’icona sexy?
«Icona sexy?».

 


Cade dalle nuvole? La sera in cui ha indossato gli occhiali da vista ha fatto impazzire diversi maschietti sui social.
«Questo lo sapevo. So che circolava anche un meme dove sotto alla mia faccia qualcuno aveva incollato una scritta un po’ così (il logo di un sito porno, ndr). Fortunatamente l’hanno rimosso. Cose del genere non sono piacevoli. Alcune ragazze, invece, mi hanno ringraziato per aver normalizzato gli occhiali da vista. La verità è che io ho paura a mettere le lenti a contatto (ride)».


“Senza te sono come un disegno a cui manca il contorno / ora che sei lontana da me nuvole di ricordi salgono in camera”: a chi è dedicata “Aquiloni”?
«A una ragazza. Nelle amicizie ho ricevuto diversi pali».


In “Diamanti grezzi” canta che «l’amore è una sala slot»: ha vinto la diffidenza verso le figure maschili legata al turbolento rapporto con suo padre («Una figura maschile, nella vita, mi è mancata molto», ha detto a Vanity Fair, raccontando di essere cresciuta sono con la madre)?


«Sì. Ora riesco a fidarmi. E con papà le cose si sono risolte. Quando ha ascoltato Cicatrice mi ha mandato un messaggio per darmi quelle spiegazioni che non avevo mai avuto e che preferisco tenere private: il lieto fine che cercavo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero