Carl Brave: «Io all'Olimpico? Non mi sento pronto. A Sanremo con un pezzo elegante. Come sindaco di Roma vorrei Verdone»

Il rapper pubblica oggi il nuovo album “Migrazione”: «Ho girato il mondo, scelgo ancora Roma. L’ho scritto viaggiando dal Portogallo al Giappone. Cercavo suggestioni diverse, ma la mia città è unica»

Carl Brave: «Io all'Olimpico? Non mi sento pronto. A Sanremo con un pezzo elegante. Come sindaco di Roma vorrei Verdone»
Tutte le strade (ri)portano a Roma. Ne sa qualcosa Carl Brave, il 34enne cantautore e rapper da 40 Dischi di platino (il nome d’arte è una traduzione in inglese del...

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Tutte le strade (ri)portano a Roma. Ne sa qualcosa Carl Brave, il 34enne cantautore e rapper da 40 Dischi di platino (il nome d’arte è una traduzione in inglese del suo vero nome, Carlo Coraggio), che a due anni dal suo ultimo album Coraggio torna oggi con un nuovo disco scritto in giro per il mondo, dal Marocco al Giappone, passando per la Spagna e il Portogallo, ma finalizzato poi nella mansarda di casa sua a Trastevere. I viaggi hanno ispirato il titolo, Migrazione, ma nei testi delle 19 canzoni che lo compongono - tra gli ospiti Mara Sattei in Roma è sempre la stessa, Bresh in Lisbona, Dargen D’Amico in Turbolenze, Noemi in Tobasco, Clementino in Kill Bill - Carl Brave racconta il rapporto d’amore viscerale che lo lega alla Città Eterna.

Cosa cercava altrove che a Roma non trovava? 
«Sfumature sonore e anche strumenti particolari da impiegare nella produzione. A Tokyo, per dire, ho comprato uno shamisen, uno strumento giapponese a tre corde appartenente alla famiglia dei liuti. A Marrakech ho trovato un vecchio liuto». 

Non faceva prima a ordinarli sul web e a farseli arrivare a casa? 
«Ha ragione (ride). Ma volevo immergermi anche in quelle culture diverse dalla mia. E poi mi sono messo sulle tracce di maestri che potessero anche suonarli, quegli strumenti. Li ho registrati e poi una volta tornato a Roma ho completato l’opera». 

«Roma è sempre la stessa, però in modo diverso», canta nel duetto con Mara Sattei. Perdoni la domanda verdoniana: in che senso? 
«È sempre la stessa perché è una città incasinata. Ma ogni volta che cammino per il centro scopro cose diverse. A me piace anche il caos, di Roma». 

Ha mai pensato di andar via? 
«Non ce la farei. Chi nasce qui è legato a Roma da un cordone ombelicale resistente». 

Anche se Roma è un deserto di idee, come ha detto Luca Barbarossa?
«Non la penso così. Ci sono anche realtà che si danno da fare come il Cinema America, che cito in Biscotti. E poi è pieno di artisti romani che valgono». 

Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Renato Zero e Carlo Verdone: chi voterebbe come sindaco di Roma? 
«Carlo Verdone, come nella sua serie. Ci potrebbe provare sul serio».

Tabasco con Noemi è l’anti-tormentone estivo: quest’anno saltate il giro, dopo Makumba e Hula-Hoop? 
«Sì. Volevamo fare qualcosa di diverso, meno solare e più soul. Tutto il disco è così: non cerco soluzioni facili. Una hit estiva, però, ce l’ho, ma me la tengo in saccoccia (ride)». 

Se la gioca per il Festival di Sanremo? 
«Vediamo. Al Festival vorrei andarci con un pezzo più elegante».

L’anno scorso con Noemi festeggiaste la vittoria della Roma della Conference League all’Olimpico. Quest’anno niente «ola» al centro dello stadio, come canta in “Lieto fine”. Si è ripreso dalla finale persa di Europa League? 
«Bisogna accettarla. Nello sport si vince o si perde: testa bassa e pedalare». 

Si sente pronto per un concerto all’Olimpico? 


«No: non ce l’ho ancora nelle gambe (ride). Devo allenarmi. Ora davanti a me c’è solo il tour estivo, che partirà il 23 giugno da Bologna e arriverà a Roma il 28 luglio, alla Cavea».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero