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Non è satira, è barbarie. Non è un atto politico, è un’aggressione personale e un vilipendio al corpo delle donne. Cadere così in basso, fino al sessismo e allo sghignazzo misogino, significa non avere altri argomenti. E così, la vignetta pubblicata sul Fatto Quotidiano - quella in cui viene ritratta in un letto insieme a un uomo di colore una donna bionda che nelle intenzioni del vignettista dovrebbe essere Arianna Meloni, sorella del capo del governo e moglie del ministro dell’Agricoltura - diventa l’esempio di come la legittima critica a un avversario può degradare a volgarità e ad attacco personale indebito e inaccettabile.
La barbarie della vignetta con Arianna Meloni
Giorgia Meloni, appena si scatena la polemica su una vignetta che non fa satira ma politicaccia, scrive un post di Facebook ed è sgomenta: «Quella ritratta nella vignetta è Arianna. Una persona che non ricopre incarichi pubblici, colpevole su tutto di essere mia sorella. Sbattuta in prima pagina con allusioni indegne, in sprezzo di qualsiasi rispetto verso una donna, una madre, una persona la cui vita viene usata e stracciata solo per attaccare un governo considerato nemico». Sessismo, razzismo e squallore, sono gli aggettivi che vengono usati, non solo a destra ma anche a sinistra, non solo dalle donne ma anche dagli uomini di ogni parte politica (a parte Conte che, ed è tutto dire, sembra invece divertirsi: «La satira è satira»), per definire questo disegno che non è politicamente scorretto o cattivista ma semplicemente e gravemente offensivo.
L’aggressione politico-personale è evidente. Ma almeno, una volta tanto, le reazioni che suscita sono spesso coincidenti e non solo nel Terzo Polo ma anche nel Pd si registra una vera indignazione. Mentre i senatori di FdI chiedono all’Ordine dei giornalisti di occuparsi di questo caso, e tutti i vertici parlamentari del centrodestra insorgono contro l’aggressione a mezzo stampa (il senatore De Priamo dice: «È tornato l’eskimo in redazione»), ecco Calenda e Renzi almeno su questo uniti e con loro Mara Carfagna, Maria Elena Boschi e tutti gli altri a insistere: «No all’imbarbarimento». E se tutti i ministri stigmatizzano come minimo dicendo «troppa volgarità», le donne del Pd sono particolarmente colpite - da Pina Picierno a tante altre - da questa «vignetta indecente».
NON C’E DA RIDERE
Le parole della sinistra somigliano a quelle della destra. Ignazio La Russa: «C’è un limite a tutto, anche all’indecenza. Questa non è satira, è solo spazzatura. Solidarietà sincera ad Arianna e alla sua famiglia». E la sorella del premier a sua volta accusa il Fatto: «Lo sanno queste persone che dietro alle loro cattiverie esistono altre persone con i propri problemi, le proprie angosce, le proprie paure? Ma soprattutto con le proprie famiglie e i propri figli? Lo sanno, ma per loro attaccare l’avversario vale anche la destabilizzazione della vita altrui».
Per il ministro Sangiuliano, «oggi si è superato il limite: mi auguro che tutte le forze politiche esprimano la loro indignazione. A partire dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, che sono certo vorrà condannare con fermezza questa indecenza». Chi non si auto-condanna è il Fatto Quotidiano. Anzi con un tweet il giornale replica alle accuse: «Questa vignetta di #Natangelo ha fatto infuriare Giorgia Meloni e non solo. Ancora una volta la satira viene aggredita dal potere. Il Fatto è per la libertà di espressione e anche per la libertà di ridere in santa pace». Ma si è trattato di una vignetta che non fa ridere affatto e che segnala brutalità ideologica e disprezzo personale.
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Il Messaggero