Andrea Purgatori, l'autopsia: al momento della morte nessuna metastasi al cervello

E' quanto riscontrato da accertamenti consulenti procura

Andrea Purgatori, l'autopsia: al momento del decesso non erano presenti metastasi al cervello
«Nessun segno di metastasi al cervello al momento della morte». Sono le prime conclusioni a cui sono giunti i consulenti della Procura di Roma nell'ambito della...

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«Nessun segno di metastasi al cervello al momento della morte». Sono le prime conclusioni a cui sono giunti i consulenti della Procura di Roma nell'ambito della complessa attività autoptica disposta nell'ambito del fascicolo aperto per la morte del giornalista Andrea Purgatori. Gli esami istologici sono stati completati mercoledì e nel corso della giornata c'è stato un incontro con i consulenti di parte per fare il punto della situazione. Dagli accertamenti emerge «concordemente» che al momento della morte, arrivata a luglio dopo un vero e proprio calvario durato alcuni mesi, non c'è alcuna traccia di cellule tumorali nell'area del cervello. Nel procedimento, avviato dopo una denuncia dei familiari, sono stati iscritti nel registro degli indagati per omicidio colposo Gianfranco Gualdi e Claudio di Biasi, due medici che operavano presso una struttura diagnostica della Capitale, e che diagnosticarono al giornalista una forma di tumore cerebrale.

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Il referto

L'attività sui reperti si è svolta all'istituto di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata dopo i prelievi effettuati nel corso della prima tranche dell'esame autoptico svolto il 26 luglio scorso. All'esito degli accertamenti, con le relazioni e pareri, i pm di piazzale Clodio chiederanno un incidente probatorio in modo da cristallizzare come prova i risultati della consulenza ma anche i primi referti e in particolare le lastre in base alle quali venne fatta la diagnosi e la conseguente terapia che prevedeva anche cicli di radio terapia. I familiari, assistiti dagli avvocati Alessandro e Michele Gentiloni Silveri, prendono atto dei risultati dell'autopsia ribadendo la fiducia «nell'operato della magistratura, con l'unico intento di far accertare la verità degli eventi e le eventuali responsabilità». Erano stati proprio loro a chiedere ai pm, coordinati dall'aggiunto Sergio Colaiocco, di chiarire se ci siano stati errori nelle diagnosi e terapie.

Il calvario

Il calvario del conduttore di Atlantide inizia il 24 aprile quando si reca in una clinica privata per effettuare dei controlli, alla luce di uno stato di spossatezza. «Gli esami hanno dato valori sballati» il responso, tanto che si decide di procedere con una biopsia. Una attività che viene svolta in una strutta specializzata e l'esito è drammatico: una forma tumorale diffusa in varie zone del corpo, ai polmoni e al cervello. A comunicarlo uno dei due medici finiti poi nel registro degli indagati. Puragtori viene quindi sottoposto ad una massiccia radioterapia, che il giornalista effettua in una terza clinica.

Il decesso

Le condizioni restano stabili fino a metà maggio tanto che il giornalista continua a lavorare alla messa in onda di Atlantide. Poi però arriva il peggioramento. A giugno si sottopone ad una tac nella prima clinica in cui si era recato ad aprile. Qui arriva un colpo di scena: nessuna traccia di metastasi al cervello, solo tracce di ischemie cerebrali. Una situazione confermata anche da un ulteriore esame svolto in altra struttura. L'ex giornalista del Corriere della Sera continua però a peggiorare. Viene ricoverato in uno dei policlinici della Capitale: ai familiari viene confermata la prima, drammatica, diagnosi. Dopo pochi giorni la morte

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Il Messaggero