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«Vi prego, aiutatemi». Alessia Piperno è in lacrime. Da un carcere di Teheran riesce finalmente a mettersi in contatto con i genitori a Roma, dopo quattro lunghi giorni di silenzio assoluto. È in stato di fermo in un Paese travolto dagli scontri di piazza, devastato da violenze e arresti, dove la libertà è ormai un miraggio e il dissenso punito duramente. A raccontare, per primo, la sua disavventura è stato il papà Alberto che ieri sera ha pubblicato su Facebook il resoconto di quanto avvenuto.
«Stamattina arriva una chiamata - le sue parole in un post poi rimosso -. Era lei che piangendo ci avvisava che era in prigione. A Teheran. In Iran. Era stata arrestata insieme a dei suoi amici mentre si accingeva a festeggiare il suo compleanno». «Siamo molto preoccupati», ha ripetuto questa mattina mentre dalla Farnesina si attivavano tutte le procedure del caso.
Il post dell'amico sui social: «Vi racconto chi è Alessia»
Sui social è intervenuto anche Gianluca Gotto, fondatore del blog Mangia Vivi Viaggia e amico stretto della 30enne romana. «Hanno arrestato la nostra amica Alessia in Iran - scrive Gotto sul proprio profilo Facebook.
«È innamorata del mondo, specialmente delle sue zone più autentiche. Ma è anche una viaggiatrice molto, molto navigata. È estremamente attenta e rispettosa. Quando ci siamo salutati a Marrakech era notte fonda e ci ha detto: "Scrivetemi quando arrivate!" Ecco chi è Alessia. Non era in Iran per cacciarsi nei guai. Ha sempre indossato l’hijab ed era lì da ben prima che scoppiassero le proteste. Per i tanti che non lo sanno, fino a qualche settimana fa si poteva viaggiare nel paese senza alcun problema (lo facevano in tantissimi)».
«Alessia era in attesa del visto per tornare in Pakistan, dove voleva dare il suo aiuto a un popolo che le aveva dato tanto e che ora è in ginocchio a causa delle alluvioni. Mercoledì scorso è stata arrestata. Non si sa con quale accusa, né che cosa la aspetti. Ma io credo che noi persone libere del mondo libero abbiamo il dovere di chiedere a gran voce che le venga dato tutto il supporto possibile dalle nostre istituzioni. Altrimenti siamo uguali a coloro che tanto critichiamo. Se ci consideriamo differenti, migliori, questo è il momento di dimostrarlo. E invece di giudicare Alessia, possiamo ricordarci la verità di fondo: la sua unica colpa è di essere una viaggiatrice in un paese dove l'indipendenza delle donne semplicemente non è tollerata. Tieni duro, Alessia. Non sei sola, siamo in tantissimi qui, per te»
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