Truffe col carburante, una pista porta in Libia

Truffe col carburante, una pista porta in Libia
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L'INCHIESTA
Tre operazioni. Tre colpi ben assestati per tirare via un milione e mezzo d'euro dalle casse dello Stato attraverso «un complesso meccanismo di frode che ha portato alla sottrazione del totale dell'Iva all'Erario». E che ha avuto «un inizio e una fine ben precisa avendo i tre indagati fin da subito ideato, programmato e organizzato le tre operazioni; e si è manifestato in un arco di tempo (e di operatività delle società cartiere/filtro) altrettanto limitato». Limitato «all'incameramento dell'Iva non versata e con la successiva condotta di autoriciclaggio» consistita nell'acquisto di casolari a Brufa e Castelfranco Veneto oltre al disperdere i soldi in conti esteri e società petrolifere in Croazia pronte a commerciare altri carburanti.

Eccolo, tratteggiato nelle pagine dell'ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Angela Avila, lo schema dell'ennesima truffa sui carburanti scoperta dai finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria, guidati dal comandante provinciale Danilo Massimo Cardone, nel corso delle indagini coordinate dalla procura perugina che hanno condotto Nicola Antonio De Lisi, Claudio Perretti e Kruk Janusz (difesi dall'avvocato Cristina Zinci) agli arresti domiciliari perché di una serie di reati tributari, nonché di autoriciclaggio dei proventi derivanti dall'evasione fiscale. Accuse ancora tutte da dimostrare, per le quali i tre imprenditori avranno modo di difendersi chiarendo le proprie posizioni.
Il cuore della presunta truffa è Bettona, dove all'alba di mercoledì si sono presentati i finanzieri per eseguire l'ordinanza sia per De Lisi che per Janusz, Torgiano e Cannara ma il cervello e soprattutto il portafoglio molto probabilmente sono in Tunisia. Perché se i tre «costituivano due società di schermo la cui funzione era esclusivamente quella di accumulare un debito Iva nei confronti dell'Erario italiano in relazione ad ingenti quantità di carburante importato dalla Spagna» le carte raccontano come il quarto socio, un libico in Tunisia, promuovesse «la costituzione delle varie società» ed organizzasse «le operazioni di acquisto del carburante, gestendo parte delle risorse provenienti dal mancato versamento dell'imposta sul valore aggiunto».
SOCIETÀ FANTASMA
E PRECEDENTI
Sempre l'ordinanza ricostruisce come i tre finiti agli arresti domiciliari non siano propriamente degli imprenditori del ramo petroli. Per quanto riguarda De Lisi, infatti, «non risulta possedere esperienza nel settore della commercializzazione di prodotti energetici e gestisce un B&B a Cannara», risulta «gravato da diversi precedenti penali e negli ultimi anni è stato più volte controllato unitamente a soggetti gravati da precedenti di polizia» e la società creata assieme a Perretti nel 2017 per il «commercio all'ingrosso di prodotti petroliferi» ha un capitale sociale di diecimila euro, e dopo le operazioni del 2017, nel 2018 «non ha effettuato operazioni attive» e «non ha dipendenti come risulta dall'applicativo fornito dall'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro».

L'altra società, quella che fa capo a Janusz, oltre a essere stata costituita lo stesso giorno (24 luglio 2017) di quella di De Lisi e dallo stesso notaio e con lo stesso oggetto sociale, ha un capitale sociale di 5mila euro con lo stesso Janusz «gravato da precedenti di polizia e negli ultimi anni è stato controllato su strada unitamente ad altri soggetti gravati anche loro da precedenti di polizia». Ma non solo, dal momento che dal 16 luglio del 2018 secondo quanto ricostruito dai finanzieri l'amministratore unico e legale rappresentante è un uomo che risulta essere dipendente di una ditta di Bastia.
Michele Milletti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Messaggero