Addio a San Giovanni, il cane della Trenta scortato dai militari da casa al ministero

Addio alla casa, Il cane della Trenta scortato al ministero
C’è stato e c’è ancora un altro inquilino, oltre a Elisabetta Trenta e al marito, nell’appartamento a San Giovanni. Da cui l’ex ministra ha...

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C’è stato e c’è ancora un altro inquilino, oltre a Elisabetta Trenta e al marito, nell’appartamento a San Giovanni. Da cui l’ex ministra ha deciso di traslocare, sotto il fuoco delle polemiche che rischiano di riportarla al Pigneto dove proprio non vuol tornare («Spacciano»). L’altro inquilino è Pippo.

 

Un quadrupede, un cagnetto, un batuffolo peloso, insomma uno schnauzer nano. Fu donato alla Trenta da un ufficiale dell’esercito e lei ci si è affezionata tanto. Al punto che, da ministra della Difesa, lo voleva avere spesso al fianco, nei giorni in cui non era in missione in qualche parte del mondo. Un cane, cioè Pippo, scorrazzava al ministero della Difesa? Ma certo. Qualche militare lo andava a prendere con l’auto di servizio nella casa di via Amba Aradam e lo “scortava” fino al dicastero.

Pur non essendo lui un quadrupede dall’aria marziale ma magari, sotto il pelo, nascondeva doti da da consigliere politico d’area grillina, perché il grillismo in grigio-verde l’allora ministra cercava di creare. E comunque: che gioia avere Pippo nelle austere stanze istituzionali. I più fidati collaboratori della Trenta avevano il privilegio di poterci giocare con frasette così: «Pippo, vieni qui, daiiiii, fatti vedere.... Bacini? Sììì, bacini...bacini....bacini...».

Gli veniva lanciata la pallina e lui la rincorreva - «Bravo Pippo, bravo... bravo...» - lungo il corridoio del primo piano. Pippo davanti a tanto affetto sembrava sorridere. Anche se non c’è niente da ridere, se non per il fatto - dicono al ministero - che la coppia Trenta&Pippo ha lasciato la sede della Difesa ma adesso dovrà lasciare anche il bel salotto di casa. E al povero Pippo toccherà, dopo le carezze dei generali, la compagnia degli spacciatori del Pigneto.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero