Non si censura impunemente in Francia un quadro esposto al Musée d'Orsay, e pazienza se gli algoritmi di facebook considerano pornografia il sesso femminile dipinto nel 1866...
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LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
Nessuna fuga in California: sarà a Parigi che Facebook dovrà rispondere dell'accusa di «attentato alla libertà d'espressione», per aver lasciato i suoi algoritmi classificare NSFW (not safe for work, inappropriato per il lavoro, la sigla che bolla come volgare, indecente, osceno o pornografico un contenuto su internet) un'opera d'arte.
«Mi sono sentito indirettamente trattato come un pornografo, per un quadro esposto in un museo francese, mi è sembrata una cosa inaccettabile» ha spiegato Durand-Bassais, all'origine della denuncia. Il professore, padre di tre figli, ha spiegato di aver scoperto un mattino che il suo account era stato cancellato, che era stato punito per aver postato il quadro di Courbet.
Prima di lui, Frode Steinicke, un artista danese reo dello stesso «misfatto» e punito nello stesso modo da Facebook, era stato costretto a fare ammenda, a scusarsi per essere stato «incauto», prima di riavere indietro account e reputazione.
«VINTA LA PRIMA MANCHE»
Stéphane Couttineau, avvocato dell'internauta censurato, ha salutato una «vera vittoria». «E' una prima manche vinta da Davide contro Golia - ha detto subito dopo la decisione del Tribunale - Vista l'importanza del Tribunale di Grande Istanza, questa decisione farà giurisprudenza anche per gli altri network e gli altri colossi della rete che fissano la sede sociale all'estero per sfuggire alla legge francese».I legali di Facebook hanno invano contestato la competenza della giustizia francese: «l'abbonamento a Facebook è gratuito - aveva spiegato l'avvocato Caroline Lyannaz - è l'utente che prende l'iniziativa di aprire un account».
Facebook avrebbe inoltre tutto il diritto di «restare un luogo virtuale sicuro da visitare, anche per i ragazzini». I giudici francesi non hanno però digerito che si venisse a censurare in casa, anzi nei musei, propri.
LA SEDE LEGALE
La decisione non dovrebbe servire soltanto a riabilitare Courbet, ma anche ad avere un carattere esemplare in un momento in cui il governo francese cerca nuovi strumenti per lottare contro i messaggi con contenuti violenti, razzisti o antisemiti, in particolare responsabilizzando social network, server e motori di ricerca. Una delle piste allo studio è l'obbligo di avere una sede legale in Francia.
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Il Messaggero