«Siamo disperati, così dal 7 ristoranti sempre aperti»

«Siamo disperati, così dal 7 ristoranti sempre aperti»
IL CASODal 7 aprile aperti a pranzo e a cena. Il movimento imprese e ospitalità (Mio) e i suoi associati nel Perugino si dicono pronti a riaprire le loro attività. Non più il 6...

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IL CASO
Dal 7 aprile aperti a pranzo e a cena. Il movimento imprese e ospitalità (Mio) e i suoi associati nel Perugino si dicono pronti a riaprire le loro attività. Non più il 6 come annunciato, ma un giorno dopo, visto che i ristoratori saranno impegnati tutti a Roma per una manifestazione di protesta. E l'adesione degli imprenditori perugini potrebbe essere massiccia. Una provocazione, forse, quella di ristoranti, pizzerie, bar e alberghi.

«Siamo arrivati a questo punto spiega Enrico Guidi, titolare del Cantinone nel centro storico e rappresentante della delegazione umbra del Mio perché come imprenditori, come cittadini, come padri di famiglia ora dobbiamo pensare a salvare le nostre aziende. E' sopravvivenza».
Perché come spiega l'imprenditore del centro storico, tenere chiusa un'attività commerciale come richiesto dai Dpcm, e a Perugia si va avanti con asporto e domicilio da gennaio, non significa non avere spese mensili.
«A luci spente e a serrande chiuse spiega ancora l'imprenditore di via Maestà delle Volte - tra l'affitto, spese varie e utenze, non esagero se dico che mi escono 8mila euro mensili. I ristori? Non sono nemmeno lontanamente paragonabili alle perdite. Dopo anni di sacrifici, la mia attività era in salute, stavo addirittura pensando di assumere nuovo personale. Poi è arrivata la mannaia del Covid».
E di storie difficile in questo settore ce ne sono parecchie, come spiega Guidi che, da tempo, è diventato punto di riferimento del settore e, a volte, anche un amico con cui sfogarsi delle difficoltà quotidiane. «Tra i miei colleghi c'è chi se la passa davvero male spiega -, c'è chi pensa di chiudere per sempre e chi in questi mesi di chiusura si è indebitato, non riuscendo più a pagare l'affitto, le bollette, non solo quelle del ristorante». Dietro l'angolo, insomma, per molti potrebbe esserci il fallimento dell'attività.
NULLA DA PERDERE
E la provocazione del 7 aprile, quello di riaprire al pubblico, è il grido di allarme di un settore che non ha più molto da perdere.
Giovambattista Zangara (noto a tutti come Giobi), titolare della pizzeria la Serra a Pian di Massiano, conti alla mano, spiega la disperazione del settore. «Molti credono chissà quanto ristori abbia preso: su una perdita di 510mila euro nel 2020, ho preso 32 mila euro in più tranche. Nonostante gli apri e chiudi, lockdown e zona rossa, in quasi otto mesi che non lavoro, continuo a pagare le bollette, quello che l'Inps non paga ai dipendenti, il commercialista che deve rimanere aggiornato sui Dpcm, l'affitto, le spese per quel poco di consegna a domicilio. Senza contare che nel 2021 le mie perdite sono al 95%. Con i 32mila euro ci pago appena quattro mesi di affitti».

Cristiana Mapelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Messaggero