Scuola, dietrofront sui presidi: niente premi legati al merito

Scuola, dietrofront sui presidi: niente premi legati al merito
ROMA - Valutazione, merito e premialità nella scuola italiana non riescono proprio a decollare e la frenata più importante arriva dai vertici: i presidi. E...

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ROMA - Valutazione, merito e premialità nella scuola italiana non riescono proprio a decollare e la frenata più importante arriva dai vertici: i presidi. E così il tema portante della riforma della Buona Scuola, legato alla valutazione del personale, perde una parte fondamentale: la valorizzazione del merito dei dirigenti scolastici. Viene infatti a mancare la premialità legata al rendimento, al merito appunto, e i soldi verranno erogati a pioggia. Come sempre. Il motivo? La scuola italiana non è pronta. 


IL SISTEMA IMPREPARATO
I dirigenti scolastici si sarebbero sottoposti alla valutazione se fossero stati veramente nelle condizioni di poter esprimere la loro professionalità. A quel punto avrebbe avuto senso individuare il dirigente capace e quello che, invece, dopo una serie di “bocciature” avrebbe anche potuto perdere il suo ruolo di guida all’interno della scuola. Ma così non è stato. E i sindacati, riuniti al ministero dell’Istruzione, hanno ottenuto la sospensione della premialità legata al merito. 

Anche l’Associazione nazionale dei presidi, da sempre favorevole alla valutazione, si è dichiarata «indisponibile a compilare il portfolio del dirigente e a impiegare tempo prezioso, che non può essere sottratto a impegni con reali conseguenze sulla qualità della scuola» e chiede una modifica della direttiva in cui l’adesione dei dirigenti alla valutazione diventi volontaria e non più obbligatoria, fino a quando non verrà riconosciuto a pieno il potere dirigenziale al capo di istituto. La Flc Cgil inoltre, insieme a Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals, ha chiesto anche che la discussione sulla valutazione rientri nella contrattazione: «Abbiamo sottolineato le numerose criticità della procedura e la necessità di una sua immediata sospensione, ribadendo la richiesta di ricondurre i criteri e le modalità di valutazione all’ambito contrattuale». 

I NODI DA SCIOGLIERE
Un passo indietro notevole rispetto a quanto previsto dalla legge 107 ma inevitabile visto che, anche per ammissione del ministero, i problemi da superare sono ancora troppo grandi. Non si è completata infatti la formazione per chi dovrà valutare i dirigenti e i tempi per mettere in moto una procedura simile sono troppo ristretti. Inoltre sono eccessivamente eterogenei gli obiettivi regionali con situazione ancora troppo diverse nei singoli territori. Senza contare che ci sono anche contenziosi relativi alla composizione dei nuclei di valutazione, per cui c’è chi non vorrebbe inserire i docenti tra i “valutatori”. 


In sostanza, per dare una valutazione oggettiva e che sia uguale per tutti, da nord a sud, serve una modalità che cancelli le differenze territoriali e sociali in cui insistono i singoli istituti. E così, per evitare una valanga di ricorsi che arriverebbero di fronte alle disparità di trattamento, è stato richiesto un periodo di rodaggio che servirà a sperimentare e trovare la procedura migliore. Senza contare che la categoria dei presidi, ad oggi, è sul piede di guerra. L’Anp ha proclamato lo stato di agitazione denunciando «condizioni inaccettabili di lavoro, rese insopportabili dal mancato riconoscimento retributivo e dall’assenza di un’equiparazione al resto della dirigenza di pari livello nella pubblica amministrazione». 
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Il Messaggero