Scozia, via alla devolution. Ma Cameron ora la vuole per tutti

Scozia, via alla devolution. Ma Cameron ora la vuole per tutti
IL VOTOÈ finito come previsto da tempo, la vittoria dei “no” al referendum sull'indipendenza in Scozia è stato sancito dalle urne. Anche se la lunga vigilia dei...

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IL VOTO
È finito come previsto da tempo, la vittoria dei “no” al referendum sull'indipendenza in Scozia è stato sancito dalle urne. Anche se la lunga vigilia dei sondaggi aveva vissuto anche il brivido di un “sorpasso” dei sì che aveva fatto gelare la schiena a Westminster. Il Parlamento britannico si è così affrettato a promettere sempre nuovi privilegi o concessioni agli scozzesi per evitare quello che molti in Gran Bretagna (ma anche in Europa, per un temuto effetto domino) vedevano senza eufemismi come una catastrofe. Ora Londra si trova il conto, salato, delle sue promesse. A fare da “garante” degli impegni presi sarà Gordon Brown, ex-primo ministro laburista, scozzese che si è schierato con energia per il “no”. Ieri Brown ha comunicato le date dell'avvicinamento allo ”Scotland Act” che darà più autonomia alla Scozia. Il 16 ottobre, a quasi un mese al voto, la Camera dei Comuni discuterà, appunto, della nuova devolution. Ed entro novembre sarà presentato lo Scotland Act, che a gennaio dovrà diventare legge. «È un programma per il cambiamento che non soddisfa le ambizioni di tutti - ammette Brown - ma la Scozia avrà la massima devolution possibile». Si va dal Servizio sanitario nazionale alla maggiore libertà fiscale.

DISSENSI TRA I CONSERVATORI
Il premier britannico David Cameron, conservatore, ha provato subito a sparigliare. Proponendo, a pericolo scongiurato, maggiore autonomia a tutte le nazioni della Gran Bretagna, quindi non solo alla Scozia. Una mossa che sembra dettata dalla necessità di placare dissensi interni al partito. La Scozia, peraltro, è storica risorsa elettorale dei laburisti. Nel maggio prossimo ci sono le elezioni, e il piano di Cameron potrebbe, forse anche intenzionalmente, procastinare i tempi della devolution.

Nel dopo-voto, resta l'eco degli scontri nella notte di venerdì tra secessionisti e unionisti a Glasgow, città abituata alle fazioni, da quella dei cattolici contro i protestanti, da quella tra i tifosi del Celtic contro quelli dei Rangers. I più intemperanti venerdì notte sarebbero stati proprio i vincitori che, avvolti nella bandiera della Union Jack e armati di razzi e fumogeni, sono stati caricati a George Square dalla polizia a cavallo. Sei gli arresti. I nazionalisti scozzesi, dopo le dimissioni del loro leader Alex Salmond (che le aveva promesse, in caso di sconfitta al referendum) si preparano a scegliere una donna, Nicola Sturgeon, per guidare il partito che sta avendo un “boom” di richieste d'adesione, quattromila in poche ore. Il che dimostra che il referendum non è stato una vera sconfitta per lo Scottish National Party. E i dati di un sondaggio pubblicato dal Guardian (su una platea di 2.047 intervistati) rivela come l'indipendenza abbia un seguito giovane. Si votava dai 16 anni un su, e i giovanissimi (16-17 anni) erano per il “sì” al 71%. Fino ai 54 anni di età la maggioranza chiedeva l'indipendenza, dai 55 ai 64 anni il “no” sale al 57%, e dai 65 anni in su tocca il 73%, quindi quasi 3 su 4 schierati per l'unità. Con uno schieramento esattamente contrario a quello dei sedicenni. E Londra ringrazia i capelli bianchi.
Fabio Morabito
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Il Messaggero