Immaginate di premervi un dito su un orecchio e sentire perfettamente una conversazione telefonica. Sappiate che è possibile, visto che le ossa del nostro cranio sono...
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L'ESPOSIZIONE
#RoadToSuccess, evento organizzato da IngDan, Asset Camera e Maker Faire Rome, aveva come fine quello di esportare alcune delle eccellenze italiane in Cina, patria di alcune delle più importanti aziende hi-tech del pianeta, come Huawei e Xiaomi. Oltre seicento startup hanno voluto tentare la scalata al successo nel “far East”, inviando i propri progetti a IngDan, azienda cinese che si occupa dell'Internet of Things e che haselezionato venti invenzioni che hanno poi avuto accesso alla finale. Solo quattro di loro, le più votate dalla giuria, hanno vinto la possibilità di volare a Shenzen. E fra queste, due sono di Roma. Segno che la Capitale, oltre ad aver suscitato la curiosità di Apple (si veda la visita del numero due di Cupertino, Luca Maestri, negli uffici della startup che ha dato vita all'app “Qurami”) si dimostra una vera fucina di talenti hi-tech.
LE AMBIZIONI
Il primo progetto romano premiato, forse il più curioso, si chiama “Get”: all'apparenza è solo un semplice bracciale con la chiusura a strappo. Ma indossandolo la propria mano si trasforma in un cellulare: basta premersi un dito sull'orecchio per parlare al telefono, oppure fare un determinato gesto per rispondere a un messaggio. Il microfono e i sensori inseriti nel bracciale fanno il resto. Un'idea che è venuta a due fratelli gemelli di 27 anni del quartiere romano Eur, Edoardo ed Emanuele Parini, e che è scaturita da una loro insofferenza: «In media sprechiamo 24 ore di tempo, nell'arco di un anno, per sbloccare i nostri dispositivi», spiegano, «senza contare che, anche con gli smartwatch, non riusciamo mai a staccare gli occhi da un display. Non vogliamo diventare schiavi degli schermi. Perché allora non utilizzare un sistema per interagire con lo smartphone senza bisogno di “guardare” nulla?». Quel sistema, loro l'hanno escogitato: «Get permette anche di ricevere notifiche e messaggi, che possono essere lette da un assistente virtuale simile a Siri e che si possono ascoltare tramite conduzione ossea solo sollevando un dito».
E pensare che, fino a luglio, questo progetto che ora sperano di presentare con successo in Cina, era solo l'oggetto della tesi sperimentale di Edoardo. Poi, la chiamata in ottobre alla Maker Faire, e ora questo riconoscimento. L'altra innovazione nata nella Capitale è un po' più complessa: si chiama “Open Picus”, ed è una piattaforma per realizzare sistemi IoT per le aziende: «È munita di sensori che possono essere utilizzati per creare applicazioni ad hoc», spiega l'inventore Claudio Carnevali, «come quella per il monitoraggio dei frigoriferi e della catena del freddo nella distribuzione».
I ragazzi delle due startup romane saranno accompagnati dai colleghi di altre due realtà italiane di prestigio. Una è Horus, soluzione molto innovativa concepita dal milanese Saverio Murgia per aiutare i non vedenti e gli ipovedenti. Si tratta di un dispositivo, una specie di cuffia, che in realtà non va poggiata sulle orecchie ma ai lati del cranio e che funziona, anche lei, per conduzione ossea (il che non interferisce con l'udito). Ha integrata una telecamera che analizza l'ambiente circostante e che comunica in tempo reale all'utente quali sono gli ostacoli sulla sua strada. Ma fra le startup più innovative non poteva mancare quella che si occupasse di uno dei maggiori fenomeni hi-tech degli ultimi anni: i droni. La modenese Archon, fondata da Davide Venturelli e Davide Ghezzi, ha sviluppato un software capace di coordinare e programmare automaticamente il volo di più velivoli radiocomandati.
«Siamo un team di 15 persone che lavora fra Modena, Bergamo, Lugano e San Francisco – racconta il 32enne Venturelli – e abbiamo già contatti in Cina.
Il Messaggero