Dazi in Italia, nel mirino riso asiatico e ortofrutta

Dazi in Italia, nel mirino riso asiatico e ortofrutta
Si, no, ni. Il solo ipotizzare il ritorno dei dazi mette in allarme i...

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Si, no, ni. Il solo ipotizzare il ritorno dei dazi mette in allarme i produttori italiani del settore agroalimentare, forse il più toccato dall’idea annunciata ieri dal sottosegretario Geraci al Messaggero. È vero che la bilancia con l’estero pende a favore dell’import ma tra i prodotti che importiamo ci sono le materie prime necessarie per l’industria di trasformazione. Così le maggiori associazioni sono concordi solo se si parla di limitare la concorrenza dai Paesi che non rispettano le regole. Secondo Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, «quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia non rispetta le normative: dal riso asiatico espropriato alle minoranze Rohingya, alle conserve di pomodoro cinesi, all’ortofrutta sudamericana». «Troppo facile – aggiunge Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare - essere competitivi sfruttando manodopera minorile e non assicurando i livelli minimi di sicurezza sul lavoro». Ma nascono i distinguo. «In genere – precisa Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura - siamo contrari all’imposizione di dazi che richiamano dazi rischiando guerre commerciali». «Siamo disponibili – aggiunge Giorgio Mercuri, presidente di Fedagri – ad ascoltare le proposte del governo, ma sempre nell’ottica di non arrestare il trend positivo delle esportazioni». Ma quali sono e da dove arrivano i prodotti importati? L’industria italiana della pasta compra da Canada, Usa e Sudamerica circa il 60 % del grano duro e il grano tenero anche da Francia, Australia, Messico e Turchia. Stesso discorso per il latte: ne compriamo così tanto da produrre formaggi in eccedenza (che poi esportiamo) del 134%. Con le carni bovine italiane si copre il 70% del nostro consumo. Il pescato italiano copre solo il 40% del fabbisogno (il pesce arriva da Paesi Bassi, Thailandia, Spagna, Grecia e Francia, oltre a Danimarca ed Ecuador). Lo zucchero lo importiamo prevalentemente dal Brasile. Siamo invece autosufficienti nel riso, vino, frutta fresca, pomodoro, uova e pollo.
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Il Messaggero