Riforma Rai in salita, si rischia il rinvio: i renziani vogliono accelerare, ma le resistenze sono bipartisan

Riforma Rai in salita, si rischia il rinvio: i renziani vogliono accelerare, ma le resistenze sono bipartisan
Che approvare la riforma della Rai sarebbe stata una corsa contro il tempo era chiaro fin dall’inizio. La clessidra scorre: il cda di viale Mazzini tra non molto entrerà in...

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Che approvare la riforma della Rai sarebbe stata una corsa contro il tempo era chiaro fin dall’inizio. La clessidra scorre: il cda di viale Mazzini tra non molto entrerà in regime di prorogatio. E se non si farà in tempo a varare le regole che fissano la nuova governance - ampiezza, fonti di nomina, poteri - si rischia di ricorrere ancora una volta alla legge Gasparri. Una soluzione molto sgradita a Matteo Renzi.




EXIT STRATEGY

Il premier di recente ha incontrato a Milano il dg Gubitosi. E si è parlato anche di questo, dell’exit strategy che dovrà avvenire in modo indolore sia per l’azienda che per il manager. Quanto all’iter parlamentare, l’inizio è stato in salita e non poteva essere diversamente. Ieri la riforma Rai era il terzo punto all’ordine del giorno della commissione Lavori pubblici e telecomunicazioni del Senato. Insomma, non proprio una corsa privilegiata visto che i primi due riguardavano l’Enav e il codice degli appalti. Si è parlato delle audizioni. I primi a essere convocati la prossima settimana saranno il direttore generale Gubitosi e la presidente Tarantola. Poi sarà la volta dei sindacati, dell’Agcom e dell’Antitrust. E via così. Nonostante le garanzie che anche ieri il presidente della commissione Altero Mattioli (Forza Italia) ha continuato a dare, l’iter rischia di viaggiare al rallentatore. Le audizioni continueranno a spron battuto ma le opposizioni potrebbero fare melina. palazzo Madama chiuderà per le elezioni regionali che si terranno nell’ultima settimana di maggio. Se tutto va bene, insomma, senza intoppi, si andrà avanti così almeno fino alla metà di giugno. Soltanto allora, il provvedimento transiterà alla Camera.

E mai immaginabile che su un tema così delicato e oggetto di scontro tutto fili liscio? Il sottosegretario alle Comunicazioni Giacomelli è convinto di sì. Ma intorno a lui c’è molto scetticismo. Con la nuova governance la commissione parlamentare di Vigilanza perderà alcune delle sue prerogative. Una su tutte: il potere di nomina. Ovvio che la maggior parte dei componenti non spinga per accelerare il processo interno di devoluzione. Ed ecco allora che se il Parlamento non farà in tempo prenda corpo il piano B. La correzione per decreto del solo articolo 49 della Gasparri o il ricorso tout court alla legge che da dieci anni regolamenta il sistema radiotelevisivo.



Domani intanto si riunirà il cda (potrebbero decidersi anche alcune nomine organizzative), il 25 e 26 maggio è convocata l’assemblea per approvare il bilancio 2014, atto con il quale scadrà il mandato dell’attuale vertice. Sono in discussione tre modifiche statutarie. La prima riguarda «il possesso dei requisiti di onorabilità e connesse cause di ineleggibilità e decadenza dei componenti il Consiglio di Amministrazione». Un riferimento alla clausola introdotta dal governo Letta, che, dopo l’inchiesta del 2013 che coinvolse il vertice di Finmeccanica, introdusse per gli amministratori di società controllate dallo Stato l’ineleggibilità o decadenza in caso di condanna anche non definitiva per quattro categorie di reati. L’ordine del giorno contiene infine anche il «recepimento delle disposizioni normative in materia di parità di genere negli organi di amministrazione e controllo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero