Quell'appello via FaceTime del leader: ha usato i social come un oppositore

Quell'appello via FaceTime del leader: ha usato i social come un oppositore
ROMA L'immagine-simbolo del tentato colpo di Stato in Turchia probabilmente è quella del volto del presidente Erdogan che, a un passo dall'essere destituito, parla...

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ROMA L'immagine-simbolo del tentato colpo di Stato in Turchia probabilmente è quella del volto del presidente Erdogan che, a un passo dall'essere destituito, parla in televisione dal display di uno smartphone nelle mani di una giornalista. Qualsiasi golpe comincia sempre con l'interruzione dei principali mezzi di comunicazione, tramite i quali diramare poi gli eventuali primi comunicati del nuovo governo. E così è stato anche in Turchia, dove il tentativo di una parte dell'esercito di sovvertire il potere ha avuto inizio con l'occupazione della tv di Stato.

Peccato che nel 2016 un atto simile abbia un effetto quasi nullo, visto che la tv non è più il mezzo utilizzato per comunicare o per informarsi. Oggi i social network, che permettono di venire a conoscenza di un fatto in tempo reale, hanno completamente preso il posto dei media tradizionali. Proprio come in un moderno golpe tecnologico.L'esercito ribelle in Turchia ha in effetti tentato di oscurare i principali social network, fra cui Facebook, Twitter e YouTube, ma ciò non ha impedito allo stesso Erdogan di aggirare il blocco grazie a FaceTime, il servizio per le chiamate video dell'iPhone, con il quale è andato in onda in diretta, anche se dallo schermo di uno smartphone, sulla Cnn turca.

IL GOLPE NEL GOLPE

E poi di inviare, con un semplice sms, un proclama alla popolazione in cui si invitava a scendere in piazza e resistere. Una mossa che si è rivelata determinante per le sorti della sua leadership. Anche qui c'è stata una sorta di golpe nel golpe: il modo spesso utilizzato dal governo in Turchia per ostacolare le comunicazioni fra gli oppositori è stato utilizzato dagli oppositori stessi e il potere che stava per essere rovesciato si è difeso con gli stessi mezzi. Una cosa vista già con la primavera araba, dove i social network hanno svolto un ruolo fondamentale nelle proteste che hanno sovvertito i governi in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen. Senza contare che in moltissimi, nella lunga notte turca, hanno usato app come Periscope, che permettono di registrare e diffondere video in diretta streaming, inondando letteralmente il Web con le immagini concitate di quanto stava accadendo a Istanbul e Ankara. E quando l'esercito, con scarso successo, ha provato a fermare i social, Anonymous ha diffuso online dei manuali che spiegavano come connettersi all'Internet parallelo, il cosiddetto deep Web. Non ce n'è stato bisogno. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero