L'indagine della Procura della Repubblica di Perugia che ha condotto agli arresti del giudice per le indagini preliminari di Latina Giorgia Castriota non mette in gioco...
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La Castriota nel timore di perdere l'amministrazione giudiziaria dei compendi sequestrati a Coscione inizia un pressing serrato con alcuni colleghi della Procura. A partire dal 10 marzo scorso in particolare hanno inizio, come illustra nel dettaglio l'ordinanza cautelare, «una serie di conversazioni afferenti le preoccupazioni del giudice in ordine ad una revoca parziale, ad opera della Procura di Velletri, dell'originario sequestro nei confronti delle aziende dell'imprenditore».
Così la Castriota «si adopera per far arrivare il proprio provvedimento di sequestro, sollecitando l'istanza alla Procura, in modo da far annotare il vincolo reale prima del dissequestro o, comunque, contestualmente allo stesso, per evitare che l'imprenditore rientri in possesso, anche per poco, delle quote societarie». Una pressione che viene esercitata sul sostituto procuratore Marco Giancristofaro senza però alcun esito e che si trasforma addirittura in un vero e proprio scontro con il sostituto procuratore Andrea D'Angeli, titolare del fascicolo, poiché il nuovo decreto di sequestro impone il vincolo anche sui Consorzi andando al di là della richiesta dello stesso pm. E ancora in quei giorni convulsi la gip chiama il procuratore aggiunto Carlo Lasperanza al quale chiede di parlare con la Finanza per ritardare l'esecuzione della revoca del sequestro che lei stessa aveva predisposto. «Puoi chiedere se ritardano l'esecuzione perché io te lo faccio oggi, domani mattina te lo mando in esecuzione, cosi glielo fanno in contestuale» spiega la Castriota suscitando una risposta affermativa da parte del pm Lasperanza che le risponde «Va bene. Adesso ti firmo il decreto te lo mando e avviso la Finanza telefonicamente che già gliel'ho detto di farlo».
Dal tono della conversazione si desume, spiegano gli investigatori, un disaccordo, tra i pubblici ministeri del fascicolo, D'Angeli e Lasperanza in ordine all'invio anticipato alla Castriota della proposta del provvedimento al quale il Procuratore capo non aveva apposto il suo visto. De Falco quindi, a tutela del suo ufficio e dei suoi pm, vuole che venga valutato il comportamento di chi a quel pressing non si è opposto in modo netto. E non è neppure finita qui perché il gip si è anche adoperata «per la positiva soluzione del procedimento penale pendente presso la Procura di Latina nei confronti di Stefano Evangelista, Silvano Ferraro e Stefano Schifone, originato dalla denuncia di Coscione contribuendo ad elaborare, con il difensore degli indagati, la strategia processuale da adottare e fornendo al legale informazioni coperte da segreto d'ufficio in particolare circa la tempistica dei sequestri e i beni da sottoporre a sequestro». Insomma non ha trascurato davvero nulla pur di mantenere lo status quo e continuare a beneficiarne.
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Il Messaggero