Più povera e anziana: così la casalinga si sta estinguendo

Più povera e anziana: così la casalinga si sta estinguendo
Negli ultimi dieci anni, annuncia l’Istat, sono sparite 518 mila casalinghe. Con humour macabro verrebbe da dire che un discreto contributo l’ha dato e lo sta dando...

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Negli ultimi dieci anni, annuncia l’Istat, sono sparite 518 mila casalinghe. Con humour macabro verrebbe da dire che un discreto contributo l’ha dato e lo sta dando anche la fiorente escalation di femminicidi, ma lasciamo perdere. Cinquecentodiciottomila casalinghe in meno. Come se, in dieci anni, si fosse azzerata una città grande come Genova.


La casalinga, mitica responsabile acquisti, target di riferimento dei pubblicitari occidentali che per primi ne avevano occhiutamente individuato il potere, è un’altra voce di un lessico familiare che lentamente si archivia. Un po’ come le ricamatrici, gli artigiani che sanno intagliare il legno, i vetrai di Murano. Chi resiste, soprattutto se è giovane e vive al sud, quasi sempre fa la casalinga non per scelta ma per mancanza di alternative.

I dati Istat fotografano, una volta di più, due Italie, due geografie, e un prima e dopo generazionale. La casalinga prospera soprattuto nel centro sud, (63,8 per cento della categoria) ha un’età media di 60 anni e nel 74 per cento dei casi ha al massimo la licenza di scuola media inferiore. Questa parte della casalinghitudine è la più felice. Soddisfatta di essersi dedicata alla cura della famiglia e anche in discreta salute.

Ma qui finisce l’allegria. Per il resto, scorrendo, il rapporto Istat, si capisce bene che, se non sei Melania Trump, fare la casalinga è oggi scelta ad alto rischio. Quasi meglio fare la stunt-woman. Una casalinga su cinque tra i 15 e i 34 anni è a rischio povertà. Il 63 per cento delle casalinghe ultracinquantenni e meridionali non possiede un bancomat né una carta di credito. E via deprimendosi.

Come stupirsi che gli angeli del focolare prendano il volo? In più, anno dopo anno, è andato erodendosi il riconoscimento sociale del ruolo. Se sei sposata a un miliardario, se sei Melania Trump, insomma, puoi non essere intimidita e anzi rivendicare il tuo essere old fashion:”Il mio lavoro e’ mio figlio Barron e la mia famiglia”. Tie’. Ma gia’ se ti chiami Ivanka sulla tua Identity card vuoi scrivere “imprenditrice” e, se papa’ va alla Casa Bianca, sarai ben lieta di accrescere le tue competenze aggiungendo al Cv “consigliere del presidente degli Stati Uniti”. Magari ci scappano anche cinque minuti al meeting con i potenti del G20.

In un mondo nel quale tutti debbono essere “interessanti” anche la casalinga privilegiata, quella che “puo’ stare a casa perche’ a lei pensa il marito” vorrebbe avere un biglietto da visita. L’ultimo libro sul tema, “Nella giungla di Park Avenue”, un romanzo dell’antropologa newyorkese Wednesday Martin, descrive appunto la vita delle ricche con la carta di credito del marito, le mogli dei finanzieri di Manhattan, ex modelle, ex laureate ad Harvard, ex avvocate di successo che sposandosi scelgono di promuovere la carriera dei mariti e la futura carriera dei figli. Percio’: grandi vacanze, grandi appartamenti, e grande vuoto interiore.

Chi puo’, anche nella dimensione di una ricchezza da Elysium, si inventa un’identita’ professionale, dall’insegnante di yoga alla decorazione di interni. Perche’ quando ti chiedono “cosa fai” e tu rispondi spavalda “la casalinga” puo’ anche darsi che dietro la risata si intravveda la paura che il tuo vicino/a di tavolo o di cocktail ti consideri poco interessante, e sposti la sedia verso altri invitati. Nella logica spietata del riconoscimento sociale una casalinga “non ha niente da dire” anche se invece legge, o ha letto, molto piu’ di te e potrebbe condividere pensieri molto piu’ interessanti dei tuoi.

Il valore sociale delle stay at home mums viene regolarmente esaltato nelle campagne elettorali americane.Poi, puntualmente, molto poco si fa per migliorare la salute e l’autostima delle medesime.
In Europa, no. Ci sono anzi paesi che fanno di tutto per incoraggiare la casalinghitudine delle giovani mamme. Succede in Germania, dove se hai due o tre figli e un lavoro non particolarmente ben pagato, ti conviene fare la mamma e non cercare una baby sitter. A maggior gloria della demografia e dello stato, tedesc che, grato, ti paghera’ per questo.


In Italia, creativi come siamo, non abbiamo scelto ne’ l’una ne’ l’altra strada. Semplicemente, e per decenni, abbiamo tirato a campare. Piu’ che incentivare la casalinghitudine si e’ scoraggiata la ricerca di un lavoro. Risultato: le italiane hanno semplicemente ridotto, e di molto, il numero dei figli. E le figlie e le nipoti di due generazioni di donne che ce l’hanno fatta a tenere in in piedi tutto, lavoro e famiglia, a casa non tornano. Anche volendo, non potrebbero permetterselo. In una societa’ liquida, dove il “per sempre” non vale piu’ e tantomeno vale per il matrimonio, l’indipendenza economica e’ un valore che ormai si trasmette di madre in figlia. A tutti i livelli. La grande manager, l’avvocata di successo mostra alla figlia la ricerca dell’Harvard business review: le figlie di donne che lavorano guadagnano piu’ di quelle con mamma a casa. Ma anche “Fortunata”, protagonista dell’ultimo film di Castellitto, giovane parrucchiera di periferia, ha lo stesso messaggio per la sua bambina. Il sogno di aprire un negozio tutto suo lo condivide proprio con la figlia Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero