«Pizzo in cambio della protezione»: le estorsioni raccontate da Zuppardo

«Pizzo in cambio della protezione»: le estorsioni raccontate da Zuppardo
L'INCHIESTA Nuovi episodi di estorsione, uno stuolo di vittime taglieggiate dai componenti del clan che spadroneggiavano anche nella zona della movida del capoluogo. Fra i...

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L'INCHIESTA
Nuovi episodi di estorsione, uno stuolo di vittime taglieggiate dai componenti del clan che spadroneggiavano anche nella zona della movida del capoluogo. Fra i particolari che emergono nelle carte dell'ordinanza firmata dal gip del tribunale di Roma Simona Calegari, che ha portato nei giorni scorsi all'arresto di altre 15 persone, c'è una nuova dichiarazione del collaboratore Maurizio Zuppardo, anche lui vittima di un'estorsione da parte di Roberto Ciarelli e Matteo Ciaravino. Nel corso di un interrogatorio con gli inquirenti che risale al 16 aprile 2021 è Zuppardo a raccontare che il titolare di uno dei locali non lontano dalla zona dei pub era costretto a pagare il pizzo ai due uomini e che lui stesso era rimasto coinvolto in questo sistema.


IL SISTEMA
«In cambio di protezione spiega ricevevano denaro e consumavano gratuitamente nel locale pasti e bevande». «Ricordo aggiunge il collaboratore - che io vendetti una tenda al titolare di questo locale, poi la tenda subì un danno e fui chiamato per ripararlo. Intervennero Roberto Ciarelli e Matteo Ciaravino che mi dissero che non dovevo far pagare i lavori della riparazione perché loro fornivano la protezione. Io in effetti non mi sono fatto pagare».
All'interno dello stesso pub, come riferito da Zuppardo, Roberto Ciarelli spacciava cocaina e il titolare si ritrovò ad assumere come dipendente Ciaravino per consentirgli di dimostrare all'autorità giudiziaria di svolgere un'attività lavorativa ma l'uomo non aveva mai davvero lavorato all'interno del locale. «Con riguardo alle tende aggiunge il proprietario del bar mi disse che io avevo potuto fare i lavori di riparazione grazie all'intervento di Roberto Ciarelli. Io risposi che se mi avesse pagato normalmente il lavoro lo avrei fatto lo stesso, ma lui replicò che preferiva pagare Ciarelli che me».
I RISCONTRI
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia trovano riscontro da alcune conversazioni telefoniche intercettate dagli investigatori intercorse proprio tra l'esponente del clan rom e il titolare. In un colloquio in particolare si fa riferimento a una violenta lite che aveva coinvolto alcuni soggetti noti a entrambi proprio davanti al pub: «Se si vogliono menà, gli ho detto, non se devono venì a menà davanti a me».
DURANTE LA PANDEMIA

E l'altro rassicura: «Comunque ti risolvo subito sta pratica qua, te la risolvo subito, mo gli mando un messaggio». Ciarelli dunque ostenta anche in questa circostanza una sicurezza che gli deriva dalla piena consapevolezza di poter avere il controllo anche nei luoghi della movida, confermato del resto da diversi episodi citati nella stessa ordinanza di arresto. Come quello che vede vittime il titolare di un altro locale della zona e una sua dipendente, entrambi aggrediti. In pieno clima di restrizioni dovute alla pandemia il pub stava per chiudere ma per tutta risposta Roberto Ciarelli aveva aggredito l'uomo mentre alla donna si era rivolto così: «Schiava famme sto cocktail e zitta. E se chiamate la polizia ve strappo er core da petto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero