Palermo, bufera a palazzo di Giustizia nell’inchiesta coinvolto pure il prefetto

Palermo, bufera a palazzo di Giustizia nell’inchiesta coinvolto pure il prefetto
Un ”verminaio”. E’ la definizione più ricorrente degli investigatori alle prese con l’inchiesta sul sistema familistico palermitano nella gestione dei beni confiscati...

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Un ”verminaio”. E’ la definizione più ricorrente degli investigatori alle prese con l’inchiesta sul sistema familistico palermitano nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Al vaglio degli inquirenti di Caltanissetta è finita anche la posizione del prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo. Verifiche sarebbero in corso, in particolare, sul contenuto di alcune sue conversazioni intercettate con l’ormai ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, indagata per corruzione aggravata, induzione alla concussione, abuso d’ufficio e, in concorso col padre, per riciclaggio. Gli accertamenti sul ruolo del prefetto ruoterebbero attorno al rafforzamento della scorta al magistrato decisa a seguito della notizia, rilanciata lo scorso 22 maggio da alcuni siti web e agenzie, che la mafia voleva morta la Saguto e un’altra ”toga”, Renato di Natale.




I magistrati di Caltanissetta sospettano che si sia trattato di un’operazione costruita a tavolino: un ufficiale della Dia di Palermo avrebbe diffuso una notizia molto vecchia - quella di una nota dei servizi segreti in allarme per l’incolumità della Saguto - con l’obiettivo di sollevare un clamore mediatico attorno alla giudice paladina dell’antimafia per controbilanciare alcuni servizi tv di Telejato e delle Iene che ne mettevano in dubbio la buona fede. In questo modo, invece, avrebbe ricevuto la solidarietà dei colleghi e dell’Anm.



I COMPENSI Se i contorni della vicenda che è arrivata a lambire il prefetto di Palermo sono ancora tutti da chiarire, dallo stretto riserbo degli inquirenti di Caltanissetta filtra la notizia di un altro magistrato indagato, il quinto per quello che a tutt’oggi è dato sapere. Si tratta di Fabio Licata, collega di sezione della Saguto. Ascoltato nei giorni scorsi, ha dovuto fornire spiegazioni circa l’adeguamento di un compenso da 3.500 euro lordi al mese, da lui autorizzato, in favore del marito della Saguto, Lorenzo Caramma, per la consulenza nella gestione della cava Buttitta, una delle amministrazioni giudiziarie milionarie che la sezione misure prevenzione aveva affidato all’avvocato Cappellano Seminara. Per certo, agli atti dell’inchiesta sono finiti i 750 mila euro che Caramma ha ricevuto in dieci anni di consulenze e incarichi da Cappellano Seminara, il più noto (e ricco) tra gli amministratori giudiziari, finito nei guai assieme a un altro noto professionista del settore, Carmelo Provenzano, ricercatore all’università Kore di Enna.



GLI ACCERTAMENTI I finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Palermo stanno spulciando i conti e tutte le movimentazioni economiche della Saguto, della sua famiglia, e dell’avvocato Cappellano Seminara alla ricerca di una prova che avvalori il sospetto di ”mazzette”, soldi ricevuti in cambio dell’affidamento di beni mafiosi nelle mani di pochi ”eletti”.



Tra i magistrati indagati c’è anche Tommaso Virga, ex consigliere togato del Csm, accusato di induzione alla concussione perché sospettato di aver favorito un procedimento disciplinare a carico della Saguto. La quale, a sua volta, avrebbe garantito la nomina del figlio di Virga, Walter, ad amministratore giudiziario dei beni milionari sequestrati agli eredi di Vincenzo Rappa. Dalle prime verifiche non sarebbero emersi, tuttavia, interventi di Virga su un fascicolo disciplinare, ma ulteriori accertamenti sono in corso su altre pratiche aperte al Csm. L’inchiesta penale corre parallela con quella amministrativa e disciplinare, da ieri entrata nel vivo.



GLI INTERVENTi Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, accompagnato da una delegazione della prima Commissione guidata da Paola Balducci, ha incontrato a Palermo il presidente della Corte d'appello, Gioacchino Natoli e il presidente del Tribunale, Salvatore Di Vitale. «Agiremo con rigore e tempestività», è stata l’assicurazione di Legnini dopo aver ricevuto dal presidente del tribunale una serie di documenti, al momento incompleti, sull’attività della sezione finita sotto inchiesta. L’ipotesi è quella di intervenire con un trasferimento dei magistrati coinvolti. E’ pesante l’aria che si respira negli uffici giudiziari di Palermo, dove i magistrati indagati sono anche Lorenzo Chiaromonte (abuso d’ufficio) e il pm Dario Scaletta (per rivelazione del segreto d’ufficio). L’aria si farà ancora più pesante nei prossimi giorni, quando arriveranno anche gli ispettori del ministro Orlando.
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Il Messaggero