Che a comprarla sia la cinese Alibaba, Mister Bee o chiunque altro, la cessione del Milan da parte della Fininvest della famiglia Berlusconi non rappresenta che un tassello, di...
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LA RIORGANIZZAZIONE La riorganizzazione generale del gruppo è entrata nel vivo nel febbraio del 2015 con la cessione sul mercato di un pacchetto pari al 7,8% di Mediaset. Con l’operazione, la Fininvest ha raggiunto il doppio obiettivo di fare cassa, per 377 milioni, e di mantenere le redini della società televisiva, poiché la sua partecipazione di maggioranza relativa è scesa dal 41,3% al 33,5%, che è poi la quota tuttora in portafoglio (vale poco più di 1,5 miliardi stando alla chiusura di Borsa di ieri). Proprio nei giorni scorsi, è stata annunciata una nuova, grande operazione, che vede Mediaset come protagonista: lo scambio di quote azionarie del 3,5% con la francese Vivendi guidata da Vincent Bolloré, finanziere storicamente vicino all’ex premier Silvio Berlusconi. In questo caso, però, la quota di Fininvest resta ferma al 33,5% perché lo scambio avverrà tramite azioni proprie già nel portafoglio di Mediaset.
Soprattutto, però, dati i valori dei rispettivi 3,5%, l’operazione con il gruppo dei media di oltralpe comporta anche il passaggio a Vivendi della tv a pagamento Mediaset Premium, che possiede i diritti per la trasmissione delle partite di serie A e di Champions League. In quest’ultimo caso, si tratta di quei diritti che nel febbraio del 2014 Mediaset aveva soffiato alla concorrente Sky pagandoli la cifra record di 717 milioni. E proprio fare concorrenza a Sky, oltre che a Netflix, è l’obiettivo dell’alleanza con Vivendi. L’ad Pier Silvio Berlusconi lo ha escluso categoricamente, ma c’è chi vede nell’accordo coi francesi l’inizio di un graduale disimpegno da Mediaset della famiglia, che in ogni caso potrebbe trovarsi un domani a essere socia di minoranza di un gruppo dalle spalle larghe come Vivendi. Diverso il discorso per Mediolanum e Mondadori, di cui la Fininvest possiede rispettivamente il 30 (anche questa quota vale poco più di 1,5 miliardi stando alla Borsa) e il 53% (poco più di 130 milioni).
Nelle due società l’obiettivo sembra essere quello di rimanere.
Il Messaggero