Metro a Roma, altre dieci stazioni sono a rischio: «Così i turisti se ne vanno altrove»

Se vieni a Roma, occhio ai mezzi pubblici. Tra bus che vanno a fuoco mentre fanno la spola tra un capolinea e l’altro (cento casi negli ultimi due anni...) e il metrò...

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Se vieni a Roma, occhio ai mezzi pubblici. Tra bus che vanno a fuoco mentre fanno la spola tra un capolinea e l’altro (cento casi negli ultimi due anni...) e il metrò che chiude in tutto il centro storico, con un filotto di tre fermate su tre zavorrate dalle scale mobili accartocciate o a rischio crac, per i turisti non è proprio comodo aggirarsi tra i monumenti che il mondo c’invidia. Albergatori e addetti del comparto, difatti, sono preoccupati. Anche perché la situazione non dovrebbe migliorare a stretto giro di posta, anzi. Per le due fermate che hanno serrato i cancelli ieri - a piazza di Spagna e a piazza Barberini - l’Atac non ha potuto comunicare una data di riapertura. Sono in corso approfondimenti e fare previsioni, a oggi, è impossibile.


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Nel quartier generale di via Prenestina l’allerta è alta, lo stesso clima si respira in Campidoglio, nell’ufficio di Virginia Raggi. Il presidente e ad della società dei trasporti, Paolo Simioni, in carica dalla fine del 2017, è costretto a gestire un’emergenza frutto di anni di sprechi e tagli agli investimenti e ora il conto arriva tutto insieme. Certe scale mobili risalgono ai mondiali di Italia ‘90 ma non sono mai state rimpiazzate. Tocca farlo ora, quando sono già arrivate al «fine vita tecnico», ma i tempi per allestire una gara, data la burocrazia paludosa della macchina amministrativa comunale, sono tutt’altro che immediati e i disservizi, di conseguenza, si propagano alla velocità di una Ferrari, non certo di un vecchio bus.

Sulla linea A gli impianti che allarmano di più sono quelli nel cuore della città. La fermata di piazza della Repubblica, chiusa da cinque mesi dopo il crollo che ha ferito 24 tifosi del Cska in trasferta da Mosca. Poi la stazione di Barberini, dove la scala si è squarciata tre giorni fa e solo per un miracolo nessuno si è fatto male. E infine piazza di Spagna, impianto “gemello” a quello di Barberini, tanto che gli stessi tecnici dell’Atac, per evitare guai, hanno deciso di chiudere tutto, anche lì.

TRENT’ANNI. Sulla linea B le cose non vanno meglio. Bisogna sostituire, subito, 22 scale in 10 stazioni. Scali importanti, frequentati ogni giorno da migliaia di passeggeri: Piramide, Castro Pretorio, Policlinico, Bologna, Tiburtina, Quintiliani, Monti Tiburtini, Pietralata, Santa Maria del Soccorso, Rebibbia. La scheda tecnica di tutte le scale indica il 1990 come anno di apertura al pubblico. In molti casi, i fogli di revisione generale degli impianti risalgono al 2010, 9 anni fa.

La governance dell’Atac, va detto, si è attivata. Ma i tempi per cambiare gli scalini di metallo sono lunghi. Pubblicata il 13 marzo, la maxi-gara per sostituire gli impianti scade tra un mese e mezzo, il 14 maggio. E i lavori dovrebbero iniziare verso la metà del 2020, se tutto va bene, perché prima tocca scandagliare le offerte, assegnare la commessa, approvare la progettazione esecutiva. Tempi lunghi, insomma.


Chi lavora nel turismo teme il contraccolpo, per gli incidenti e le chiusure a catena. «Il danno d’immagine è evidente - commenta, un po’ sconfortato, Giuseppe Roscioli, a capo di Federalberghi Roma - quando i turisti stanno per decidere la meta del viaggio, valutano anche le condizioni del trasporto pubblico. Sentir parlare in continuazione dei bus a fuoco o di incidenti in metro come quello che ha coinvolto i tifosi del Cska non fa bene alla nostra città. Molti si spaventano. Anche perché, dopo la chiusura del centro storico ai pullman turistici, i mezzi pubblici sono l’unico modo per addentrarsi nel cuore di Roma». «Può essere questo il modello di offerta turistica per essere competitivi con le altre città europee?», si chiede Claudio Pica, presidente della Fiepet-Confesercenti. «Tre stazioni metro centralissime, tutte chiuse, sono l’ennesimo danno per i commercianti. Roma deve cambiar passo oppure davvero vincerà il declino». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero