Mai nella storia parlamentare s’è acceso un tabellone quando non doveva. Mai nella vicenda di Montecitorio s’è visto ciò che è accaduto...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Quel voto doveva essere segreto ma la presidente Boldrini, apparsa più volte confusa in questa difficile conduzione d’aula, non lo dice. Proprio lei che pochi attimi prima aveva dichiarato ammissibile, su quello stesso emendamento Fraccaro-Biancofiore, lo scrutinio segreto. «Dichiaro aperta la votazione», dice la Boldrini. A quel punto, sul tabellone appaiono le lucine verdi e rosse, come per le votazioni palesi, e non quelle tutte azzurre tipiche del voto segreto. E nel video si vede la scritta «la votazione non risulta a scrutinio segreto». Segue il panico della presidente nell’aula della super-gaffe. In cui i franchi tiratori, pensando che il voto sia davvero palese, avevano finto di essere lealisti schiacciando i pulsanti (rossi per il Pd, rivelatosi il partito più sbandato o più cinico in questa vicenda) e votano secondo le indicazioni di partito in cui non credono. La Boldrini di fronte al tabellone che palesemente si accende grida: «No, è a voto segreto! È a voto segreto! È a voto segreto!». Tre volte. Perché capisce che la credibilità del Parlamento, già a dura prova, sta avendo a causa di questo disguido (o c’è dolo? o la manina del funzionario che ha scritto «votazione palese» è stata mossa dal desiderio di aggiungere sfascio a sfascio?) un altro piccolo grande colpo. La «fisionomia» (così si chiama la scritta video sul tabellone) corregge subito se stessa: «La votazione risulta a scrutinio segreto», si legge adesso. E la Boldrini, imbarazzata: «C‘è stato un problema tecnico, avevo già detto che era a voto segreto... allora, va bene, allora colleghi, c’è stato un disguido, il voto è segreto». Viene rifatta la votazione, e la bocciatura dell’emendamento appena sancita dalla foto simbolo si trasforma, nel segreto dell’urna, nell’approvazione dell’emendamento. Come mai?
I franchi tiratori che avrebbero voluto votare sì la prima volta ma per non essere scoperti votano no quando vedono le luci rosse e verdi, al secondo giro in cui possono nascondersi nell’indistinto delle lucette blu del voto segreto si sbizzarriscono. E tra i 59 onorevoli-lupara, i più sono del Pd: chi ce l’ha con Renzi, chi tifa Orlando nel congresso infinito del Pd, chi non vuole andare a votare perché sa che non sarà ricandidato (vera paura trasversale da destra a sinistra: su 630 deputati almeno 500 saranno cambiati non per maturata anzianità ma soprattutto per infedeltà politica). Le anime morte di Montecitorio, ma dotate di ottima mira, su 100 voti segreti previsti avrebbero colpito a ripetizione - ieri sono stati quasi 60 i cecchini - ma su emendamenti più importanti, come preferenze e voto disgiunto voluto dai 5stelle, sarebbero potuti moltiplicarsi in un vero e proprio Vietnam.
60MILA EURO IN PIÙ
E così l’affossamento della legge elettorale significa la prosecuzione di una legislatura ormai data per finita e sei mesi di mandato in più (visto che la Caporetto porta una semi-certezza: che settembre non si vota) il ch equivale a 60 mila euro netti nella tasca di ogni onorevole, sia di quelli lupara sia di quelli (tantissimi) che tifano per loro pur di conservare il posto infischiandosene del patto e del Tedeschellum. E non è che il peone grillino, che ha fatto di tutto per rovinare il gioco Renzi-Grillo-Berlusconi, sia diverso dai suoi simili di altri partiti. Hic manebimus optime è lo slogan trasversale degli anti-pattisti. Per ora hanno vinto loro. E questa è la vera fotografia.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero