Caso Corden, la Fondazione Caetani: «No alla riattivazione dell'inceneritore»

Caso Corden, la Fondazione Caetani: «No alla riattivazione dell'inceneritore»
Fermare la riattivazione dell'inceneritore la cui attività fu autorizzata nel 2014 alla Corden Pharma. Lo richiede la Fondazione Roffredo Caetani, in vista della...

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Fermare la riattivazione dell'inceneritore la cui attività fu autorizzata nel 2014 alla Corden Pharma. Lo richiede la Fondazione Roffredo Caetani, in vista della conferenza di servizi di oggi pomeriggio in Regione Lazio per il riesame con valenza di rinnovo dell'Aia di otto anni fa.


Secondo il presidente, Tommaso Agnani, «la Fondazione si opporrà in ogni sede, prima tra tutte la conferenza di servizi, alla riattivazione dell'impianto che è obsoleto, spento da anni e legato a una vecchia logica che punta ad alimentare gli affari in siti dismessi trasformandoli in veri e propri centri di lavorazione di rifiuti, in questo caso pericolosi, a due passi da un centro abitato e da aree di interesse naturalistico di livello internazionale come il Giardino di Ninfa, il parco Pantanello e gli atri siti bene indicati dalle relazioni dei nostri tecnici. L'autorizzazione creerebbe quindi un precedente pericoloso per il territorio».
La Fondazione parteciperà oggi alla conferenza dei servizi, e ha già manifestato la propria posizione con una serie di documenti elaborati da uffici e tecnici di fiducia. In questi, sono evidenziati in particolare la vicinanza dell'impianto a siti delicati come il Monumento naturale Giardino di Ninfa (compreso l'area naturale del Parco Pantanello) ubicati a circa sei chilometri in linea d'aria, e dalla vicinanza di aree naturalistiche come il Monumento naturale di Monticchio, l'area Zps dei Monti Lepini e le relative aree che rientrano nel contratto di fiume Cavata e Linea Pio. Non ultima la vicinanza, tra le altre, dell'azienda agricola Gelasio Caetani.
Inoltre, spiega la Fondazione, «l'iter in corso consentirebbe il riavvio di un impianto datato da parte di una società, oggetto di concordato preventivo, che andrebbe di fatto a cedere anche la parte relativa all'impianto di incenerimento che rischierebbe così di diventare un vero e proprio business legato alla lavorazione di rifiuti speciali pericolosi provenienti da siti industriali fuori dal territorio».
LE RICHIESTE
Diversi gli enti che hanno chiesto di partecipare o che sono stati invitati alla conferenza dei servizi, primo tra tutti il Comune in cui amministrativamente insiste l'impianto, Sermoneta, e quelli confinanti, tra cui Latina (il sito è al confine con Latina Scalo), Sezze, Norma. Amministrazioni che sottolineano in primo luogo come il primo aspetto sia quello della salvaguardia dell'ambiente, oltre che dei livelli occupazionali.
La prima richiesta presentata oggi da molte amministrazioni sarà quindi quella, in caso di rinnovo, del rigoroso rispetto di codici rifiuto e di quantità dell'Aia emessa nel 2014. In quell'anno, per rispondere alle polemiche, la stessa azienda rispose con un'ampia relazione di 14 pagine, in cui spiegava che l'impianto di incenerimento, che avrebbe lavorato per il trattamento di rifiuti pericolosi conto terzi, e non più solo per le esigenze interne, sarebbe stato sfruttato solo al 20% delle capacità autorizzate di 39mila tonnellate annue e che i solventi da omologare per il trattamento sarebbero stati rigorosamente selezionati e controllati. La massima capacità dell'impianto, allora, sarebbe stata prevista proprio nel 2020, con un massimo di 7 autocisterne al giorno.

Andrea Apruzzese
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Il Messaggero